Proiezione del film "Sogni di Akira Kurosawa", sugli alberi della scalinata

MUSEO ALL’APERTO Installazione di opere d’arte nelle Edicole della Scalinata di S.Bernardino

24 - 29 Agosto 2012

In occasione della 718° Perdonanza Celestiniana, il MU.SP.A.C ha presentato una serie di installazioni artistiche per i nicchioni della Scalinata di San Bernardino all’Aquila. E’ questo un progetto che il MU.SP.A.C. porta avanti da diversi anni, soprattutto in ambito didattico.
Con questi interventi si è voluto dare inizio ad un più ampio programma riguardante la possibilità di mettere in rapporto l’arte di oggi con quella del passato, in linea con quanto ormai da tempo avviene in importanti città italiane. Si è trattato dunque di far intervenire, con le loro opere, vari artisti nelle edicole laterali della scalinata dato che, in seguito a ricerche d’archivio e analisi storiche, si è appreso che le edicole, fin dalla loro realizzazione, avvenuta agli inizi dell’Ottocento, con il contributo delle nobili famiglie aquilane, sono rimaste sempre vuote. Probabilmente, in un periodo in cui il culto della devozione veniva trasportato all’esterno, furono costruite per contenere proprio delle statue dei personaggi illustri delle stesse famiglie o comunque opere in omaggio a San Bernardino, che non vi furono però mai collocate.
Pensiamo pertanto che con diversi interventi artistici, si possa creare una costante attenzione verso questo importante monumento, per poterlo usare come una sorta di museo all’aperto.
Intendiamo per questo continuare a promuovere un dibattito aperto per scambi di idee, teso a sviluppare una maggiore sensibilità e consapevolezza critica dei cittadini verso i propri Beni Culturali, troppo spesso abbandonati a se stessi.
Attraverso i diversi ma complementari linguaggi dell’arte si può riuscire a far dialogare e mettere a confronto, per lo sviluppo di un sapere unitario, passato e presente, antichità e modernità. Senza snaturare il loro senso originario, nel rispetto della loro integrità architettonica, abbiamo potuto sperimentare che è possibile stabilire con i monumenti del passato una continuità storica.
Solo sottraendoli all’abbandono e a un ruolo puramente archeologico, potranno essere maggiormente apprezzati e valorizzati, reinseriti in progetti di attiva funzione.

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NUVOLE… CHITARRE E NOTE Festival Danilo Ciolli

10 - 11 Agosto 2012

“Nuvole…chitarre e note” è un festival musicale nato per Danilo, per sottrarre il suo nome ad una sterile data: 06.04.2009.
Quando si dice “Danilo”, si deve pensare: Musica, gioia di vivere, volontá  di vivere; ecco le linee guida della manifestazione, che è un mezzo diretto per raccontare la parte più vera di Danilo: il suo amore incondizionato per la musica.
Ogni tassello nell’architettura di “Nuvole…chitarre e note” è stato pensato per essere altamente significativo e per esprimere Danilo, a cominciare dal titolo formato dall’unione di tre elementi: il primo, “Nuvole” fa riferimento alla poesia-canzone di Fabrizio De André “Le nuvole” e simboleggia il legame tra Danilo e la sua famiglia nei momenti difficili; il secondo, “chitarre” rappresenta lo strumento suonato da Danilo (che è stato anche chitarrista di un gruppo locale, i Lizard); il terzo, “note” indica in generale la musica, il linguaggio scelto per parlare di Danilo.
La line up delle passate edizioni del festival, come quella di quest’anno, è il risultato del miglior compromesso fattibile tra quella che è l’ecletticità di Danilo in campo musicale, i suoi artisti e generi musicali preferiti, e ciò che della scena musicale italiana è accessibile agli organizzatori dell’evento, i ragazzi dell’ “Associazione Musica e Cultura Danilo Ciolli” (ossia gli amici di Danilo).
E così, sul palco del “Nuvole…chitarre e note, nell’edizione 2010 e 2011, sono passati, solo per citarne alcuni, artisti del calibro di Daniele Silvestri, Andrea Rivera, Marta Sui Tubi, Roberto Angelini, Riserva Moac (vedi archivio artisti per altre informazioni).
Un significato tutto particolare riveste la scelta della piazza di Carovilli come ambientazione del festival: è stata fortemente voluta dagli amici di Danilo perchè l’inizio di ogni estate è sempre stato segnato dalle serate in piazza intorno a Danilo e alla sua chitarra a cantare ma soprattutto a ridere e a stare insieme.
Il messaggio di cui “Nuvole…chitarre e note” vuol farsi portatore è proprio questo: ricreare l’atmosfera di quelle serate, coinvolgendo tutti i partecipanti, per sentire ancora Danilo e non fare di lui una statica immagine costretta in un ricordo.

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INSIEME. VOLUMI, COLORI, PAROLE Mostra d'arte

04 - 12 Luglio 2012

Il MU.SP.A.C. ha ospitato la rassegna “INSIEME. Volumi, colori, Parole”, a cura del Gruppo d’Arte “Saturnino Gatti” che, con i suoi pittori, scultori e poeti, è tornato a cercare il calore dei cittadini dopo la dolorosa esperienza del 6 Aprile 2009.

 

 

Alla mostra d’arte hanno partecipato gli artisti: Sandro Arduini,Pasquale De Carolis, Paolo De Felice, Claudio Del Romano, Giovanni De Sanctis, Augusto Pelliccione, Antonio Rauco, Bruno Sabatini, Vincenzo Bonanni, Riccardo Chiodi, Gianfranco Di Bernardini, Stefano Ianni, Reza Khan, Raul Rodriguez, Massimina Pesce.

Invito Muspac-Saturnino-Gatti
L'artista Navid Azimi Sajadi

NAVID AZIMI SAJADI mostra personale dell'artista iraniano

17 - 30 Giugno 2012

a cura di Martina Sconci

 

Domenica 17 giugno alle 18,30, presso la sede del MU.SP.A.C. – Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea – è stata inaugurata la mostra personale dell’artista iraniano Navid Azimi Sajadi (Teheran 1982), a cura di Martina Sconci. È questo l’ultimo evento d’arte contemporanea nell’ambito del progetto “Percorsi Migranti”, promosso dal Coordinamento Ricostruire Insieme in collaborazione con il MU.SP.A.C., per favorire l’incontro interculturale nella città dell’Aquila, mettendo in connessione varie discipline.
Promotore di un linguaggio artistico che spazia dalla fotografia manipolata all’installazione, alla scultura, al disegno e alla scrittura Farsi, utilizzata come decorazione, Navid Azimi Sajadi ci racconta il suo essere cittadino del mondo e la sua doppia identità, risultato del continuo viaggiare tra Oriente e Occidente. Attraverso un ricco panorama di simboli, Navid ci parla delle contraddizioni del suo paese, mettendo in discussione tutte le immagini stereotipate tipiche della cultura medio orientale.  Spinta dalla forza di gravità, la sagoma del suo paese natio cade a terra creando una doppia immagine, una doppia realtà, come quella che vivono i suoi giovani concittadini, combattendo contro il governo. Non a caso il colore verde è proprio quello usato come simbolo della protesta, speranza di un cambiamento. Un’altra sagoma formata dall’insieme di Kalashnikov e pugnali evoca la dura realtà della guerra. Ma anche in questo caso la sagoma cade a terra, scoprendo una fitta decorazione geometrica tipica di alcuni mausolei, come quello di Hafez – il più grande poeta persiano di tutti i tempi – meta di tanti giovani che si rispecchiano nei suoi versi d’amore.  A ricollegarsi con lo spirito alla nostra città, l’immagine di un’aquila reale, allegoria dell’alta divinità, del fuoco celeste, del Sole, della nobiltà e dell’anima – come parte dell’uomo appartenente a Dio – ma soprattutto emblema degli stati totalitari che devastarono l’Europa nel Novecento. Dietro di lei una stella a sette punte, simbolo esoterico che ricorre molto spesso nei lavori di Navid. Si ricollega ai sette pianeti e, poiché il numero sette deriva dal celestiale tre e dal terrestre quattro, indica l’uomo nella sua totalità: il corpo materiale e l’anima divina.

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Opera di Rosa Jijon

ROSA JIJON It's just a game

31 Maggio - 12 Giugno 2012

a cura di Martina Sconci

 

 

Giovedì 31 maggio alle 18,30, presso la sede del MU.SP.A.C. – Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea – sarà inaugurata la mostra personale dell’artista ecuadoriana Maria Rosa Jijon (Quito, 1968) dal titolo “It’s just a game”, a cura di Martina Sconci. È questo il quarto evento d’arte contemporanea che si inserisce all’interno del progetto “Percorsi Migranti”, promosso dal Coordinamento Ricostruire Insieme in collaborazione con il MU.SP.A.C., per favorire l’incontro interculturale nella città dell’Aquila e non solo, all’interno di varie discipline. Una riflessione di Simòn Bolìvar introduce la mostra: con grande delusione Il “Libertador” dell’America Latina parla del futuro della sua regione, offrendo uno sguardo pessimista sull’avvenire e allo stesso tempo lanciando un invito a riflettere sul significato di migrazione. Nel video It’s just a game delle telecamere a infrarossi registrano i passaggi di frontiera dei migranti. Giocando sull’ambivalente significato della parola “game”, intesa come “gioco” ma anche come “preda”, le immagini, ironicamente accompagnate da una musica ripetitiva e alienante tipica dei videogiochi, fanno riflettere sui sistemi di controllo. In un’epoca cibernetica in cui l’azzeramento delle distanze di spazio e tempo promette una grande libertà dagli ostacoli di carattere fisico e una capacità inaudita di muoversi e agire a distanza, siamo ancora “prede” o “pedine” di un videogame comandato dalla società. Lo Stato ci sorveglia ma noi non possiamo sorvegliarlo. I cartelli usati per manifestazioni anti immigrazione, raccolti dall’artista da vari siti xenofobi per creare l’installazione “STOP!”, infondono una sensazione di pericolo e allerta. In “Extraterritorial. Remake 2004 – 2012” siamo invece circondati da infinite pagine della legge Bossi-Fini, mentre la comunità latino-americana di Roma legge tutti gli articoli che la compongono, ricordandoci tutti i problemi che sono costretti ad affrontare, tra cui quelli legati alla cittadinanza dei figli nati in Italia da genitori stranieri. Sujeto Movil impone una riflessione sull’immagine che la società contemporanea crea dello straniero, attribuendogli alcune caratteristiche fisiche o comportamentali fuori dai canoni tradizionali, per suscitare paura, rifiuto o perplessità: un modo efficace per ottenere il sostegno di una popolazione acritica che consuma messaggi senza discriminarne i contenuti e i propositi. Le persone nel video, silenziose davanti alla telecamera, si mostrano per quello che sono. L’immagine che ne risulta è una critica ironica sulle differenze genetiche, etniche e razziali, attribuite ai migranti nell’uso originario della foto antropologica per gli studi sulla diversità genetica. Kika, è una donna ecuadoriana che sognava di emigrare in Europa per vivere una vita migliore. Ci racconta confidenzialmente la sua storia di migrazione fallita, ricordandoci che “tutti siamo condannati a una vita di scelte, ma non tutti abbiamo i mezzi per scegliere” (Z. Bauman).

 

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