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Battiloro Valter

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Valter Battiloro è nato all’Aquila il 29 Dicembre 1955. Attualmente è titolare e responsabile nel Dipartimento di Arti Visive della scuola di Grafica presso l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila. Vive e lavora a Roccaranieri, in Provincia di Rieti.


Curriculum
-Collettiva Edi. del Parnaso Parco Nazionale d’Abruzzo 1974.
-Collettiva Associazione Nazionale Artisti professionisti l’Aquila 1975.
-Performance sulla neve gruppo AURA, Campo Felice l’Aquila 1976.
-Collettiva Ortona (Chieti) 1978.
-Collettiva Festival dell’Unità l’Aquila 1979.
-Personale “Officina Culturale” l’Aquila 1981.
-Stages con Enrico Bay, artista segnalato, Capri 1982.
-Collettiva “Officina Culturale” l’Aquila 1982.
-Insegnante per conto della C.E.E. Corsi Regionali in Abruzzo 1984.
-Collettiva di Grafica Centro Culturale “Quarto di S. Giusta” l’Aquila 1987.
-“Artisti Aquilani a Rottwail” Germania 1988.
-Artista selezionato alla “Escola D’Estiù International de Gravat” di
Barcellona, mostra itinerante di incisioni,realizzata a Parigi,Madrid e Berlino 1989.
-Collettiva seconda Biennale “La Pietra Svelata”,Arte,Architettura,Design,l’Aquila
1990.
-Ideazione e realizzazione di “MusicArte”, S. Demetrio(AQ) prima e seconda edizione 1993/1994.
-Museo Civico di Caldarola, Macerata 1996.
-Recensione mostra “Aspetti dell’Incisione Contemporanea” presso il MUSPAC,
l’Aquila 1996.
-Recensione mostra di incisioni “Signa”, Macerata 1997.
-Collettiva “Manufatti” Accademia Belle Arti Macerata 1997.
-Collettiva “40° Anniversario I.S.A.” Forte Spagnolo l’Aquila 1998.
-Collabora alla realizzazione della mostra “La storia del segno” Pinacoteca di Macerata 1999.
-Mostra “Feelings” galleria Antichi Forni, Macerata 2000.
-Recensione mostra di incisioni, palazzo Sforza, Civitanova Marche 2000.
-Collettiva “Testimoni dell’Amore Divino” facoltà di filosofia, Macerata 2001.
-Rassegna d’Arte contemporanea “Natale per i Palestinesi” MUSPAC
l’Aquila 2001.
-Membro della giuria “Premio Internazionale per l’Incisione Fabio Bertoni”
e relatore della conferenza “Incidere nella realtà”, l’incisione nel linguaggio dei segni contemporanei, Fermignano (Urbino) 2001.
-Collettiva presso la Jazz-Galleria,Budapest 2001.
-Collettiva “Profumi di Inchiostro” ritratti immaginari di Lucrezia Borgia Ferrara 2002.
-Socrates-Erasmus Programme, lezione conferenza Bruxelles 2005.
-”Accademia ‘05”, Un album di esercizi, a cura di Mariano Apa 2005.
-Socrates-Erasmus Programme, conferenza “Calcografia: dal Tradizionale allo Sperimentale, Comparazione Confronti” Facultad de Bellas Artes de Altea 2007.
-Socrates-Erasmus Programme, Progetto Esposizione “Sguardi Sulla Città”
Universidad Politecnica de Valencia 2007.
-Ha curato la mostra e il catalogo “Sguardi sulla città” per le due edizioni:
Valencia Dicembre 2007- L’Aquila Gennaio 2008.
-“Incisioni Italiane” Associzione culturale Stanislao Dessy Sassari
catalogo Soter editrice 2008
– Socrates-Erasmus Programme, Lezione sulla calcografia dal tradizionale allo sperimentale, Marmara University-Faculty of Fine Arts di Istanbul, Maggio 2008
-Socrates-Erasmus Programme, lezione, monitoraggio e progetto presso Facoltà di Belle Arti Baix, Ecole de Comunication Visuelle Parigi e Ricerca Calcografica e Sperimentale con l’Atelier 17 Contrepoint di Parigi, Maggio 2009
-Rassegna Internazionale d’Arte G.B. Salvi, Sassoferrato Luglio 2009, a cura di Mariano Apa
– Il “ Calendario Storico della Guardia di Finanza”, cura del Catalogo “Le Illustrazioni 2010”, 2009
– Mostra “Via Crucis” Museo Diocesano di Terni, Marzo 2010.

 

 

 

INFORMAZIONI : DOCENTI ABAQ

 


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Senza titolo

 Pittura su tavolo

 124 x 104 cm

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Barbarini Laura

ritratto

Laura Barbarini è nata a Sao Paulo il 17 luglio del 1956. A Roma frequenta il liceo artistico e l’accademia di belle arti seguendo il corso di pittura del professore Enzo Brunori. Nel 1989 è invitata da Mariano Apa alla XXV edizione del Premio Avezzano e nel 1992 da Patrizia Ferri alla mostra Roma 360°, 10 notti della critica . La sua prima mostra personale è nel 1993 alla galleria Il Segno di Roma. A questa seguono diverse partecipazioni ad esposizioni collettive tra queste: ” Transizioni, Migrazioni, Passaggi” alla A.A.M.Architettura Arte Moderna di Roma curata da Francesco Moschini, la rassegna “Primaverile ARGAM” nel 1995 alla galleria Edieuropa Qui Arte Contemporanea, invitata da Enzo Bilardello. Nel 1996 è presente alla mostra “Pitture”curata da Marco Goldin alla Casa dei Carraresi di Treviso e nel 1997 espone alla galleria il Segno nella mostra ” Riassunto Due”. Tra il1998 e il 1999 realizza un ciclo di opere, dedicate al poeta Zbigniew Herbert, che espone all’Istituto Polacco di Roma con la mostra personale “Distanze” nel 1999. L’anno successivo partecipa al V Workshop internazionale d’arte nel castello di Ryn in Polonia e alla mostra organizzata dalla Banca Nazionale del Lavoro “Una banca per l’arte oltre il mecenatismo”a Roma curata da Enzo Bilardello e Guido Strazza. Negli anni seguenti è invitata da Carlo Fabrizio Carli alla I edizione del Premio Nazionale di Pittura “Ferruccio Ferrazzi”a Sabaudia nel 2001 e alla LIII edizione del Premio Michetti “La città e le nuvole, Italia-Argentina” nel 2002. Le opere che realizza in questi anni vengono esposte nella mostra “Pittura da camera”, in una abitazione privata a Roma con un testo in catalogo di Enzo Bilardello. Nel 2003 partecipa allaVII edizione del Premio Kiwanis, Villa San Giovanni e alla seconda edizione del premio di pittura “Ferruccio Ferrazzi” curata da Carlo Fabrizio Carli.

Nel 2004 espone a Roma a Le Pain Quotidien in collaborazione con la galleria Tondinelli con la personale “Anima loci”a cura di Cesare Biasini Selvaggi e partecipa alle mostre “Astrattismo tra due secoli” e “Vedo rosso” alla galleria Edieuropa Qui Arte Contemporanea: Sono del 2005: la personale “Ascolti verticali”, presentata da Carlo Fabrizio Carli e la personale “Rappresentazioni” nel foyer del teatro Sala Umberto a Roma, la partecipazione al XXXII Premio Sulmona, invitata da Duccio Trombadori, la collettiva RecitArt per la BNL nelle officine del volo a Milano, curata da Enzo Bilardello, e le collettive Maestri dell’ astrattismo e nuove proposte e Vedo blu, il blu nell’arte contemporanea, alla galleria Edieuropa a Roma. Sempre nel 2005 partecipa alla mostra ” Figure” all’Archivio centrale dello Stato a Roma curata da Carlo Fabrizio Carli. Nel 2006 è invitata da Mariano Apa alla XXII edizione della Biennale d’Arte Sacra a San Gabriele, presenta un’opera nella rassegna Arte in farmacia, curata da Floriana Tondinelli a Roma e partecipa alla mostra collettiva per i quarant’anni della galleria Edieuropa. L’anno seguente è invitata da Giovanni Bonanno alle esposizioni “Estasi di primavera” a Piraino e “Magnificat” a Ficarra ed è presente con un opera alla mostra “Cento artisti intorno al giardino” organizzata dalla Galleria degli Archi a Comiso. Partecipa nel 2007 alla mostra “Dante e il Purgatorio” alla Fondazione Casa di Dante in Abruzzo invitata da Carlo Fabrizio Carli e nel 2008 alla mostra Antico e Novissimo a Cagli nelle sale del Palazzo Berardi Mochi Zamperoli curata da Michela Scolaro. Sono del 2009 le partecipazioni alle mostre: “Pittura d’Italia luoghi veri e dell’anima” a Rimini nelle sale del Castel Sismondo curata da Marco Goldin, “Gli amici pittori” nella galleria Ceribelli a Bergamo a cura di Ruggero Savinio , Venite Adoremus nella chiesa degli artisti a Roma a cura di Stefania Severi e la personale al Palazzo della direzione generale della BNL a Roma.

Laura Barbarini vive e lavora a Roma.


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Senza titolo

disegno su carta

1991

 

Bagnoli Marco

Bagnoli Marco

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E’ uno dei più significativi esponenti delle tendenze artistiche che si sono imposte in Italia alla fine degli anni Settanta. Dopo una formazione in ambito scientifico, l’artista sviluppa una ricerca che intenzionalmente si riallaccia al Rinascimento italiano, a una tradizione culturale nell’ambito della quale la filosofia e la scienza sono parte integrante del lavoro. Partecipa alla Biennale di Venezia (1982, 1986, 1997) e alla Documenta di Kassel (1982, 1992), sperimentando complesse installazioni che coinvolgono l’ambiente con il concorso di molteplici mezzi espressivi, dal disegno alla pittura, dalla stampa alla scultura. Nel corso degli anni, alimentandosi con continui studi e viaggi, ha attinto alla cultura islamica, alla poesia mistica del persiano Rumi, al Sufismo, alle dottrine dell’Induismo e del Tao, impiegandoli quali strumenti per le proprie opere. 

Nel 1995 espone con una sua personale al museo Luigi Pecci di Prato.
Da ricordare l’altare realizzato tra il ’94 e il ’95 nella chiesa di S. Miniato al Monte a Firenze per volere dei Padri Benedettini.

Nel ’96 ha realizzato una installazione per la mostra “Accumulazioni 2” ideata da Rudi Fuchs nella sede di Zerynthia a Paliano. 

Nel 2017 apre a Montelupo Fiorentino l’Atelier Marco Bagnoli, uno spazio multifunzionale, che l’artista concepisce nel suo insieme come un’opera d’arte totale.

 

 

 

 

SITO WEB 


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Bagnoli Marco

Senza titolo

Fotolitografia

50 x 70 cm

1970

“In questo luogo, apriamo il triangolo A.R.S., i cui vertici suonano Arte/Religione/Scienza. Il triangolo è ora preso dalla linea di suono (M) tracciata dalla scomparsa dell’oggetto. Rispetto a questa linea i vertici assumono una diversa posizione: L’immagine dell’Arte ne emerge in forma autonoma (A1). Lo Spirituale (R)- inizio di quella traccia-, trova un’eco di risonanza con la linea d’orizzonte del Testimone (A). A: ( se da un lato offre di sé la parte invisibile allo specchio, dall’altro guarda in un occhio che non può vedere). E’ la Scienza (S) il naturale terzo estremo da cui si slanciano i vertici A e R del cono visivo. Punto cieco nel fuoco di quella stessa traccia. Si tratta ora di definire o ridefinire la posizione dei singoli punti alla luce nel loro movimento interno e dunque porre una diversa relazione”1. Il rapporto tra Arte, Scienza e Spirituale è fondamentale nella speculazione di Marco Bagnoli. Dopo gli studi in Chimica all’Università di Pisa, lascia il laboratorio per presentare a Pescara (Il Buon Luogo…, Pescara-Roma 1976- 78) e a Torino (Teatro Gobetti, 1977) le prime opere sul tema. E’ l’inizio di un lungo cammino in questa direzione. Alla fine degli anni Settanta Bagnoli è tra i fondatori della rivista Spazio x Tempo, il cui nome battezza da allora gran parte delle sue pubblicazioni e dei suoi lavori artistici. L’artista inserisce una X nella continuità spazio-temporale della teoria della relatività einsteiniana; ottiene una formula che si fa portatrice di senso profondo in Arte. Infatti lo Spazio e il Tempo sono i due fattori in cui si inscrive da sempre l’attività artistica. Inoltre le due parole contengono in sé IO x TE (Spaz(IO) x (TE)mpo), estremi del rapporto tra l’artista demiurgo e il mondo, tra uno e doppio. La X centrale è infine visualizzazione del Cono degli Eventi, schema dello scorrere fenomenologico, sorta di clessidra in cui il punto d’intersezione coincide col presente dei fatti. Il punto diventa elemento costitutivo di un’opera come Spaz(IO) x (TE)mpo, realizzata al Castello di Santa Maria Novella (Certaldo), in occasione di Dopopaesaggio 1997. L’installazione è lo schema di una piantagione a quinconcia da seminare nei terreni del Castello. La riflessione sul Quincunx2 è un altro dei momenti chiave del percorso di Marco Bagnoli. Nel 2000, l’artista ha pubblicato un libro interamente dedicato a questo concetto, in cui studia le definizioni e le infinite applicazioni della quinconcia nella storia. “Nell’antica Roma, frazione di 5/12 dell’unità”3, il quincunx si traduce in uno schema di X ripetute, definite solo dai punti estremi, in cui ogni punto esterno è anche centro di una X adiacente. L’opera Spaz(IO) x (TE)mpo è posta verticalmente su una parete interna alle mura di fortificazione del Castello di Santa Maria Novella, sopra una fonte antica. E’ una mappa colorata che ribalta la visione ed impone un’astrazione mentale. Guardare le cose dall’alto significa capirne le relazioni, i rapporti geometrici, le distanze. Implica adottare un metodo scientifico; per misurare e proiettare. Il volo impone questo cambiamento di prospettiva. Così il 4 settembre 1984, in Olanda, Marco Bagnoli ha fatto salpare una mongolfiera. Un pallone di stoffa che col proprio meccanismo investe terra, fuoco e aria. Tre dei quattro elementi, la cui interpretazione metaforica rimanda alle “coordinate di una visione interna all’anima”4. La stessa mongolfiera è riapparsa poi nei corridoi labirintici della Fortezza da Basso, a Firenze e ancora nella sala ottagonale della stessa architettura. Ha acquisito la forma di scheletro ligneo del pallone aerostatico. L’artista ha ripercorso il momento di passaggio dall’alchimia alla chimica, quando alla fine del Settecento i fratelli Mongolfier misero in moto il primo volo. Le conquiste scientifiche influenzano in modo determinante la riflessione di Bagnoli. Anche se l’arte sa vedere oltre. “L’opera è sempre un miracolo, perché essa avviene nel mondo e per il mondo. (…) Avviene nel vuoto e in questo avvenire compie, per eccesso, l’offerta di sé”5. L’artista non crea, si limita a comprendere ciò che già è. Ma lo fa in modo diverso dalla scienziato. Se l’arte è una manifestazione dell’essere, la scienza “rispetto a ciò non sa come stanno le cose. Agisce in generale. Il suo sguardo riflette la natura, un soggetto verso un oggetto”6. Con le sue partecipazioni a Documenta di Kassel (1982) e alle Biennali di Venezia (1986 e 1997); con le numerose personali che istituzioni italiane ed estere gli hanno dedicato, Marco Bagnoli trova una sua precisa collocazione nel firmamento dell’arte contemporanea. “Bagnoli realizza interventi complessi, carichi di conflittualità, di rimandi ermetici e rituali, di evocazioni magiche, creando un rapporto acuto di tensione più energetica che emotiva attraverso segni e colori, riuscendo, peraltro, a raggiungere anche una sottile, sottesa carica poetica”.

Antenucci Antonietta

Antenucci Antonietta

ritratto

Nata a Vasto il 15 dicembre 1970. Nel 1997 ha conseguito il diploma in Architettura presso il Liceo Artistico di Termoli. Si è laureata presso L’Accademia di Belle Arti di L’Aquila. Nel 1989 ha frequentato due corsi di Taglio per abiti professionali a Vasto. Nel novembre del 1992 ha organizzato una sfilata di moda in veste di stilista e Vasto nei locali del Wes’daimone club. Nel 1999 ha partecipato come costumista allo spettacolo “Il mondo magico di Escher” organizzato da Lea Contestabile presso l’Accademia di Belle Arti di L’Aquila.

Nello stesso anno ha partecipato a due estemporanee di pittura, “Il paesaggio locale” tenutasi a Treglio (CH) e “Iacovitti e il borgo vecchio” svoltasi a Termoli, dove ha ottenuto il primo premio.

A novembre del 2000 ha partecipato alla mostra “Streghe in Salsa Rosa” svoltasi nella galleria BAUTAarte di Montorio al Vomano (TE). Nell’Agosto del 2001 ha partecipato alla mostra “L’eredità della strega” presso il Museo Civico, Convento della Maddalena a Castel di Sangro.

Come scrive l’artista, l’opera Orma di donna “è nata da un tema che mi sono data, cioè, il tema delle impronte. È stato pensando a questo tema che piano piano mi è cresciuta dentro l’idea di realizzare “Orma di donna” ed è stata quasi un’idea fulminante che mi è scattata fuori all’improvviso e ha preso corpo man mano. Il perché di questo lavoro è probabilmente racchiuso nello stato d’animo di alcuni momenti passati”.


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Orma di donna

Sequenza di 23 foto

3 x 21 cm

2001

 

“Quest’opera è nata da un tema che mi sono data, cioè, il tema delle impronte. È stato pensando a questo tema che piano piano mi è cresciuta dentro l’idea di realizzare “Orma di donna” ed è stata quasi un’idea fulminante che mi è scattata fuori all’improvviso e ha preso corpo man mano. Il perché di questo lavoro è probabilmente racchiuso nello stato d’animo di alcuni momenti passati”.

 

Antonietta Antenucci

Angeli Franco

Angeli Franco

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Franco Angeli nasce a Roma nel 1935 da famiglia di umili origini e solida tradizione socialista e antifascista. Il nome di battesimo è Giuseppe, in arte Franco. Terzo di tre fratelli, non porta a termine gli studi elementari a causa della guerra.Nel 1941 causa la morte del padre, Angeli è costretto a provvedere alla madre malata, inventando i lavori più disparati: porta carretti al mercato, diviene ragazzo-spazzola presso un barbiere, lavora in una lavanderia, infine in un’ autotappezzeria. Dì lì, secondo Gino De Dominicis, nasce l’uso delle velatine. Le calze, presenti nei primi quadri, sono spesso regalate da amiche. Ottimo tappezziere, generalmente prepara da sé le tele dei quadri. Non frequenta scuole di pittura e nel 1949 Muore la madre, evento che lo segna profondamente. Il fratello Otello, futuro segretario del Partito Comunista di Cinecittà, lo educa secondo precisi orientamenti politici. Nel 1957 nascono i primi lavori: l’esigenza di dipingere esplode come affermazione di libertà. Il bombardamento di San Lorenzo, a cui assiste quale testimone lo turba profondamente, improntando la futura pittura dove, con l’uso di materiali come garze e cromatismi rosso cupo denunciano un forte debito verso Burri. Nel 1950 Franco Angeli ha la prima collettiva, alla Galleria La Salita, di Roma, con Festa e Uncini. Nel 1960 è la sua prima personale, alla Galleria La Salita. Il fratello Otello organizza il Premio di Pittura Cinecittà, dove un monocromo dell’artista, su tela di iuta, viene rifiutato della commissione composta, tra gli altri, da Guttuso, Trombadori e Del Guercio. Opere quali Accattoni, di quell’anno, denotano tangenze con la poetica dell’informale.  Nel 1961/62 partecipa con Lo Savio, Festa e Schifano alla mostra Nuove prospettive della pittura italiana, a Palazzo Re Enzo di Bologna. Diviene amico di Schifano, conosciuto nella sezione del partito: li accomuna l’estrazione popolare, il senso radicato della realtà, l’esigenza di andare oltre le esperienze informali. Si tratta di una generazione di artisti unita da uno stretto legame esistenziale segnato dalla guerra: vengono definiti maestri del dolore, una qualifica che li distanzia dall’Arte Pop, alla cui estraneità fa riferimento una lettera autografa dello stesso Angeli. Negli anni successivi diviene poi amico di Renato Guttuso e poi di Arnaldo Pomodoro e del poeta Francesco Serrao.  Nel 1963 alla Galleria J di Parigi, le sue opere sono di fianco a quelle di Bruce Conner, Michael Todd, Christo e Kudo: catalogo a cura di Pierre Restany. Alla Galleria La Tartaruga, in Piazza del Popolo, partecipa ad una storica collettiva: 13 pittori a Roma. L’opera di Angeli è glossata da un testo poetico di Nanni Balestrini. Nel 1964, alla Galleria L’Arco di Alibert, di Roma, presenta Frammenti capitolini: si tratta di lupe, aquile, frammenti di simbologia collettiva. Partecipa alla Biennale di Venezia, presentato da Calvesi: è la storica Biennale della Pop Art in Italia. L’artista presenta La lupa e Quarter Dollar. Nel 1965 è invitato alla nona Quadriennale romana: di questo periodo sono i Cimiteri partigiani, corredati di stelle e falci e martello. Nel 1967 è presente alla Biennale di San Paolo del Brasile con Half dollar: il famoso mezzo dollaro, zoomato nei particolari. Negli anni 1968/70 vi è un grande impegno politico e ideologico, che lo vedono impegnato sul tema della guerra del Vietnam. Conosce Marina Ripa Di Meana, in occasione del Festival di Spoleto. Con la donna intreccia una tumultuosa relazione poi sfociata in fedele amicizia. E’ lei in più occasioni a rimarcare dell’artista il lato profondamente umano, la creatività svincolata da ogni logica di mercato, la vita bohemien costellata di debiti, il desiderio di morire giovane, non toccato dal cinismo che le delusioni e i disinganni inducono nel tempo. Nel 1972 Franco Angeli presenta alcuni interessanti lavori alla Galleria Sirio per la rassegna Film. Comincia ad apparire nella sua produzione il volto di Marina Ripa di Meana, in concomitanza con i temi dell’aereo, degli obelischi, dei piccoli paesaggi. Espone alla X Quadriennale di Roma. Nel 1975 Conosce Livia Lancellotti, che diviene sua compagna e gli darà, nel ’76 una figlia, Maria. Diviene amico di Jack Kerouac, raccolto sanguinante da un bar da cui viene espulso ubriaco. Ospitato nello studio di via Germanico, si cimenta con l’artista nella composizione di un’opera La deposizione di Cristo, poi acquistata da Gian Maria Volonté.  Nel 1978 partecipa alla Biennale di Venezia, curata da Bonito Oliva nella sezione L’iconosfera urbana. Vi presenta anche un cortometraggio. Nel 1981 Angeli viene invitato con alcuni disegni, accanto a Dorazio, De Chirico, Fontana, Guttuso, Maccari, Modigliani, Morlotti, Pozzati, e altri, ad una collettiva presso la Galleria La Scaletta di Reggio Emilia. Nel 1982 partecipa alla collettiva 30 anni d’arte italiana 1950-80, organizzata a Villa Manzoni, Lecco. Compone opere improntate all’influenza di Kees Van Dongen (Pensando a Van Dongen).
Con il 1984 comincia l’epoca delle Marionette, sorta di autoritratto ironico dell’artista, poi esposte al Belvedere di San Lucio. Nel 1986 partecipa alla XI Quadriennale romana. Nel 1988 gli viene dedicata una retrospettiva alla Casa del Machiavelli (1958-72) nei pressi di Firenze. Presentato da Marisa Vescovo, espone alla Galleria Rinaldo Rotta di Genova. Viene invitato al Circolo Culturale Giovanni XXIII per la Biennale di Arte Sacra: con lui, Enzo Cucchi, Sandro Chia, Mimmo Paladino e Mario Schifano. Nello stesso anno, Franco Angeli muore di Aids all’età di 53 anni. Il funerale si celebra nella Chiesa di Santa Maria del Popolo, scelta dalla compagna Livia per l’amore sconfinato dell’artista nei confronti di Caravaggio (uno degli altari è infatti sovrastato da La conversione di Paolo)..


Metafisici

Cassetta con 20 litografie

160 x 115

1980

 

L’opera, realizzata nel dicembre 1980, è composta da n. 20 litografie originali numerate e firmate a mano dall’artista da 1/50 a 50/50 e n.10 prove d’artista. Calcografia Studio San Giovanni Valdarno.

 

Angeli appartiene alla generazione della non violenza, la sua ideologia è la non violenza e i suoi dipinti la riflettono. Ne sono qui raccolti alcuni notevoli, in un panorama che ricapitola praticamente gli anni sessanta, di cui Angeli è stato protagonista escludendo le più recenti esperienze, che sono diverse ed aprono un nuovo momento. E’ una pittura, o almeno lo è stata, che nega: nega la violenza e nega la rappresentazione, privilegia il simbolo e ne esaspera il mutismo. Una tavolozza accesa e senza velature, come sapevamo Van Gogh, i futuristi, gli espressionisti, è adatta ad esprimere violenza; spenta e velata esprimerà l’opposta. Il velo respinge l’immagine fino ai limiti dell’assenza e su quella soglia la trattiene, snervata dell’astio, del rancore, dell’ironia che pure la caricava. E’ l’operazione antiviolenza che si sovrappone a simboli, non di rado, di violenza, rapacità, possesso. In uno dei suoi dipinti che più conquistano, a rivederli il simbolo è dipinto sopra la garza, ha la sua forza di venir fuori e di rapprendersi; é una croce, quasi un Malevic passato attraverso l’informale, un simbolo riscoperto in una stratificazione di valori che partendo di lontano ci imprigionano nel loro brusio. La croce del Vangelo, la croce dei cimiteri, la croce dell’esistenza, la croce a un bel momento intravista, Così come, a un certo punto, A. intravede, e quasi ingentilisce la rossa falce e martello. Valori che si scoprono, valori che si sovrappongono, valori che si negano: la messa a fuoco di una coscienza si riconosce nel vocabolario smozzicato dei simboli. Ma i simboli hanno presa perché sono schemi da riempire, cifre che non possono essere decifrate senza chiave, che si porta dentro, ed è l’esperienza morale cui si riferisce il simbolo. Sempre cercando questa chiave. A. l’ha sempre indicata. Il magnetismo velato, sfuocato dei suoi simboli allude a qualcosa di faticoso da decifrare, ma ne asseconda anche la lettura secondo un assunto costante, che in positivo o in negativo comunque risulta ed è l’assunto della non violenza. Questo sembra infatti il discorso stesso della sua pittura, dove lo stratificato, l’assorto, il soffuso non parlano in termini di lirismo, né di giuoco ottico, ma di interiorità morale.

Maurizio Calvesi, catalogo “Arco d’Alibert”, Roma 1970