Felice Levini_Buona notte e...._20x30_1989_hi

Levini Felice

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Nasce nel 1956 a Roma dove frequenta il liceo artistico e si diploma all’Accademia di Belle Arti e dove vive e lavora. 
Nel 1978 l’artista insieme a Giuseppe Salvatori e a Claudio Damiani, e poi con Vittorio Messina e Mariano Rossano, aprì uno spazio in via S. Agata dei Goti gestito dagli stessi artisti, che diventò luogo di incontro per mostre e serate di poesia. Qui, nel 1978, si svolge la sua prima mostra personale di Levini, nella quale espone una serie di pastelli su carta il cui realismo sembra simulare la tecnica fotografica. Il 1978 è anche l’anno della sua prima collettiva dal titolo “Artericerca ’78” allestita al Palazzo delle Esposizioni. 
La ricerca dell’artista è già ben definita in questo primo periodo. Convergono in essa due tendenze entrambe mirate alla centralità dell’immagine: la prima prevede l’inserimento della serialità, l’immagine risulta sdoppiata, ripetuta, variata. La seconda unisce al carattere piatto e superficiale dell’immagine stessa degli elementi aggettanti che ne contestano la bidimensionalità.

La primavera del 1980 vede la nascita del gruppo dei “Nuovi-Nuovi” che debutta con la mostra “Dieci anni dopo: i Nuovi- Nuovi” a cura di Renato Barilli alla Galleria Civica d’Arte Moderna di Bologna – alla quale Levini partecipa insieme, tra gli altri, a Giuseppe Salvatori e Giorgio Pagano. 
Dal 1982 Levini sottopone le sue opere a un processo di scomposizione che ricorda il divisionismo di Seraut, creando immagini bidimensionali piacevolmente decorative, che esaltano l’idea di “parete” maculata. A questi lavori, negli ultimi anni ’80, seguono opere più compatte e tridimensionali dominate da una struttura solida e geometrica che conducono anche ad architetture lineari. Autoritratti, animali, arabeschi sono i temi ricorrenti in questi anni.


Felice Levini_Buona notte e...._20x30_1989_hi

BUONA NOTTE E…….

disegno a inchiostro

21 x 29,7 cm

1989

Kounellis

Kounellis Jannis

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Nato nel Pireo (Grecia) il 23 marzo 1936, morto a Roma il 16 febbraio 2017.

Artista del comportamento, – scrive A. Bonito Oliva – lavora sul recupero poetico del mito, sull’uso mitico degli elementi primari, come il fuoco, e dei linguaggi originari, come la danza e la musica. Trasferisce i procedimenti della pittura nella fisicità di uno spazio reale, che acquista la composta fissità del quadro. Le sue performances tendono a sottolineare l’impiego diverso della sensibilità, intesa come capacità di percepire il mondo al duplice livello di natura e cultura.
Reagendo al gesto pittorico tradizionale, K. ha sviluppato una “misura” filosofica dell’arte, permeando la sua opera di molteplici associazioni formali e simboliche. Molte sue opere sono organizzate intorno al rapporto tra gli opposti principi di “struttura” e “sensibilità”. Alla struttura si riferiscono materiali inorganici rigidi quali il metallo, alla sensibilità materiali organici quali piante o animali. (Segno-dic.95).
Pochi artisti dell’arte contemporanea possono vantare una carriera altrettantanto lunga, e soprattutto completa quanto quella di Kounellis, questo artista greco di nascita , ma italiano d’adozione, può essere considerato come uno dei maggiori artisti di rilievo internazionale.
I grandissimi successi ottenuti nei più grandi musei del mondo, non ultimo per importanza quello ottenuto recentemente nel museo di Rivoli, lo fanno considerare a tutti come un “classico” del XX secolo. Negli anni ’60 si inserisce in un gruppo di giovani, quali Pascali, Pisani, De Dominicis, Paolini e tanti altri che reagiscono con la loro arte contro l’informale.
Il bianco e il nero sarà una delle chiavi dominanti dell’artista , in cui emerge la sua radice ancestrale greca, i materiali usati nelle sue installazioni ci fanno pensare alla presenza di preziosi reperti affiorati da lontani civiltà. Il ferro e il carbone sono per lui i materiali che meglio rievocano il mondo della rivoluzione industriale, i primordi della civiltà contemporanea.
Per tutto il ’68 e il ’69 Kounellis partecipa in pieno alla corrente dell’arte povera teorizzata da Germano Celant, espone di continuo alcuni ambienti legati alla celebrazione degli elementi primari della natura: una carboniera, un contenitore da cui spuntano pezzi di cotone, pietre, fuoco, lamiere bruciate ecc. fino ad arrivare ai sacchi di caffè esposti al museo di Rivoli. Al freddo minimalismo ed al macchinoso industrialismo americano ha sempre saputo contrapporre con la sua passione rivoluzionaria una cultura “calda” proveniente dall’Europa del sud, dall’Africa o dal Sudamerica (i cavalli, il pappagallo, i cactus).
Kounellis ha sempre praticato “l’Arte come urto e come urlo che cerca nei fatti il punto di frattura e di confine, dove la furia del singolo trapassa nella storia e nel sociale, come opposizione e critica al mostruoso universo del conformismo”. (G. Celant)
Tutte le sue installazioni e performances tendono a sottolineare l’impiego diverso della sensibilità tesa ad visione del mondo in cui la cultura si ricongiunge alla natura.


Kounellis

Un capitano di quindici anni – i viaggi straordinari di Jules Verne

fotolito 78/300

35 x 50 cm

1980

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Precombustione

carbone e carta oleata 64/80

50 x 70 cm

1992

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La via del sangue

Edizione d’arte Collana di Perle

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Dalle opere di Jannis Kounellis, presenti nella collezione del Muspac, possiamo stendere un piccolo profilo sull’artista e sulla sua ideologia.
Protagonista dell’ Arte Povera, nasce nel 1936 al Pireo (Atene). Nel 1956 si trasferisce a Roma per studiare all’Accademia di Belle Arti ed entrare a contatto con il vivace ambiente artistico e culturale della capitale che gli permette nel 1960 di esporre alla galleria “La Tartaruga” dove ricordiamo i suoi primi grandi quadri con lettere e segni urbani a smalto nero.
In seguito, le sue opere rappresenteranno il faticoso tentativo di mantenere raccolto ed unito un linguaggio comune sconvolto dall’impatto della produzione di massa che si diffondeva nella Pop Art.
“Artista del comportamento” (A.B.O.), Kounellis lavora sul recupero del poetico nel mito servendosi di materiali naturali ed elementi primari che riconducono alle nostre origini, che
fanno parte della nostra terra. Fuoco, legno, ferro, carbone, caffè e quant’altro denotano realisticamente un legame con la natura e con la storia. Oggetti che ci fanno pensare a preziosi reperti affiorati da lontane civiltà.
Le sue opere sprigionano energia, odori, rumori: la vita e il divenire entrano materialmente nel lavoro dell’artista.
Come scrive Germano Celant, fondatore dell’arte povera, Kounellis ha sempre praticato “l’Arte come urto e come urlo che cerca nei fatti il punto di frattura e di confine, dove la furia del singolo trapassa nella storia e nel sociale, come opposizione e critica al mostruoso universo del conformismo”.
Tutte le sue installazioni e performances  tendono a sottolineare l’impiego diverso della sensibilità, tesa ad una visione del mondo in cui la cultura si ricongiunge alla natura.
Ma per Kounellis, “una cosa è avere un’idea del mondo e una cosa è viverlo. Lo scambio del dare e avere quotidiano crea le prospettive culturali, ma anche la storia. Dunque, oltre a scoprire il mondo, bisogna imparare a viverlo.”
Pochi artisti dell’arte contemporanea possono vantare una carriera altrettanto lunga e completa quanto quella di Kounellis. Questo artista, greco di nascita ma italiano di adozione, può essere considerato come uno dei maggiori artisti di rilievo internazionale.

Martina Sconci

 

BIANCO-NERO/FREDDO-CALDO

Mostra d’arte contemporanea di Jannis Kounellis

1 Dicembre 1988 -20 Marzo 1989

VEDI EVENTO

AD USUM FABRICAE 

Mostra d’Arte Contemporanea a cura di Gianni Fileccia e Tullio Catalano

Settembre – Ottobre 1995

VEDI EVENTO
Job Enrico

Job Enrico

Enrico Job

Enrico Job è nato nel gennaio del 1934, a Napoli, dove nel 1933, sfuggendo alle leggi razziali, i suoi genitori erano riparati da Lipsia. Alla persecuzione decretata dal regime nazista, sarebbe bastata anche solo l’origine ebrea del cognome Job. Dopo una prima, appassionata attività di pittore, intorno al 1961, passa alla scenografia e ai costumi per il teatro e per il cinema.

A Spoleto, al Festival dei due mondi, debutta nella regia con un testo di Ceronetti. A questa prima regia ne seguiranno altre, nell’opera lirica come in prosa, tra cui: Medea di Heiner Müller allo Spaziouno di Roma; Il Trovatore di Verdi allo Sferisterio di Macerata; Salomè di Strauss all’Opera di Roma; Elisabetta d’Inghilterra di Rossini al San Carlo di Napoli. Nel 1980 gli viene conferito il «Premio Ubu» per la scenografia de I giganti della montagna di Pirandello.

Contemporaneamente all’attività teatrale, dal 1966 a oggi, ha collaborato con scene e costumi a una trentina di film, tra i quali: Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto, Pasqualino Settebellezze, Film d’amore e d’anarchia, Io speriamo che me la cavo, Ferdinando e Carolina e Francesca e Nunziata per la regia di Lina Wertmüller.

Dal 1969 riprende l’attività nell’arte con varie mostre e performances in Italia e all’estero. Tra le più importanti: L’uomo di pane nel 1972 a Venezia; La pietà nel 1973 a Basilea; Autoritratto e Mappacorpo nel 1974 a Roma; La Confessione nel 1975 a Pescara; Until nel 1976 a New York e Metamorfosi nel 1995 alla mostra Impronte del corpo e della mente alla Biennale di Venezia. Nel Marzo del 1996, allo stadio Rigamonti di Brescia allestisce il palco per la visita di Papa Giovanni Paolo II. Il gigantesco Crocifisso ricurvo che ne era l’emblema troverà una sua collocazione stabile a Cevo, in Val Canonica, a circa 2000 metri d’altitudine.

DA SITO WEB: www.enricojob.com


Enrico Job_fotografia_edizione Lucrezia De Domizio Pescara_Foto Buby Durini_Serigrafie Lucio Carinci_hi

Senza titolo

Job Enrico

Senza titolo

Iaria Tersea_Transizione di Fase I

Iaria Teresa

Iaria-catalano

Teresa Iaria risiede a Roma. Diplomata in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma. Laureata in Filosofia all’Università “La Sapienza” di Roma con una Tesi in Estetica. Viene selezionata dalla Fondazione Ratti di Como per il workshop con l’artista Giulio Paolini.  Negli ultimi anni si interessa di fisica teorica, i suoi lavori sono stati pubblicati in prestigiose riviste come “Nature Physics” e “Plastik art & science” dell’università Sorbona di Parigi. E’ Docente di Arti Visive all’Accademia di Belle Arti Brera di Milano.

 
Principali mostre personali e collettive: 2009 “Ogni sera con Elisabetta Catalano” Teresa Iaria/Bruna Esposito, Video installazione con Giulio Marzaioli, Galleria Pio Monti, Roma; “Cut-Up” Galleria Pio Monti Roma; 2008 “Cose mai Viste” a cura di Achille Bonito Oliva, Terme di Diocleziano Roma; 2007 “Frequence” testi in catalogo di Angelo Capasso e Ignazio Licata galleria Pio Monti Roma; 2006 INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Frascati; 42° Mostra Internazionale del Nuovo Cinema, Pesaro; Il Buco, a cura di Achille Bonito Oliva e David Peat, Galleria Pio Monti, Roma; 2004 Ombre e fantasmi, testo in catalogo di Angelo Capasso, Galleria Pio Monti, Roma; 2003 Tracce di un seminario, a cura di Angela Vettese e Giacinto Di Pietrantonio, Viafarini, Milano; 2002 Outdoor, a cura di Lorella Scacco, Ascherslebener Kunst und Kulturverein, Aschersleben, Germany; Via libera, a cura di Angela Vettese, Giacinto Di Pietrantonio e Anna Daneri, Fondazione Ratti, Como; Tre Artisti in Barca, a cura di Luca Beatrice, Galleria Pio Monti, Roma; 2001 Fra cielo e terra, testo in catalogo di Angelo Capasso, Galleria Pio Monti, Roma; 2000 Della Notte, Galleria Pio Monti, Roma; 2000 Interstizi, a cura di Patricia Howie, Galleria Spazio Blu, Roma; 1998 Traumwelten, a cura di Tomas Friedmann, Literaturhaus, Salzburg.
Art fairs: stand Pio Monti Gallery: 2010 Miart, Milano; ArtFirst Bologna;2009 MiArt; 2007 Artfirst, Bologna; 2006 Artissima 13; 2005 Artissima 12 Torino, ArtFirst, Bologna 2004: Artissima 11Torino, Milano Flash Art Fair

Sito web: www.teresaiaria.it


Iaria Tersea_Transizione di Fase I

Transizione di Fase I

acrilico su tela

59 x 100 cm

2010

 

 

L’opera è stata gentilmente donata dall’artista al MUSPAC, per la ricostituzione

della collezione permanente, gravemente danneggiata dal sisma del 6 aprile 2009

“Per me è stato un piacere donare l’opera. E’ metaforicamente un gesto di solidarietà per la città dell’Aquila duramente provata dal disastroso terremoto del 2009.
Non ho scelto a caso, a mio avviso anche il tema dell’opera era metaforicamente rilevante, infatti fa parte di un ciclo di ultimi lavori in cui ho riflettuto sulla tassellatura dello spazio.
L’opera ” Transizione di Fase I” mostra una proiezione dinamica, composta da tanti piccoli attrattori, in cui ordine e disordine concorrono insieme verso una nuova configurazione.”
“Nell’opera “ Transizione di Fase I” 2010 la grande varietà di pattern di ordine e disordine mostra di emergere da una stessa matrice, traccia profonda di correlazioni universali che saturano le possibilità di tassellatura dello spazio”.

Teresa Iaria
ottobre 2011

Franco Giuli_hi

Giuli Franco

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Componibili a incastro, Franco Giuli di Carlo Belloli

Le superfici di Franco Giuli si presentano come frammenti ricomponibili di successioni a innesto, di limiti spaziabili rinnovabili, di decostruzioni materiche progressive. Giuli ripartisce i suoi dipinti in aree compenetrabili, quasi spezzoni di zone a incastro per un inesauribile puzzle spaziale cui aspirano nel cadenzato proporsi di orchestrazioni polifoniche inedite. Sono settori di colore diverso, o consonanza tonale equivalente, che si propongono in aggressive aperture laterali irregolari di condizione espressionista ma non strutturalmente drammatica. Una pittura che aspira all’esplosione di forme elementari ravvicinate, al crollo di piani equidistanti che si sbrecciano, all’espansione del limite regolare della composizione strappata con violente separazioni dei lati. Già gli Itinerari prospettici del 1968 (cm. 140×120) ci suggerivano effetti scalari di singolare compenetrazione visiva e di estrema sintesi lineare. Da quegli anni Giuli andava confrontandosi con lo strappo, virtuale o reale, della superficie dipinta che all’inizio del 1980 si presentava con crude violenze di scheggiature laterali o di piani ravvicinati ad angolature irregolari e contundenti. Così assistiamo ad eventi sensibilistici di incastri e di disincastri su tavola e in rilievo che il pittore marchigiano situa con impeto espressionista di considerevole fluenza lirica. Anche se il proposito inoggettivista di Giuli si scontra con l’irruenza formaie di un decostruire pirotecnico, la sua posizione di ricerca si connette a quel neoelementarismo schematico e compresso di incidenza nordica. Tessere irregolari di un vasto mosaico decomponibile e trasognato in iconostasi permutabili che si offrono a Giuli in accorta complicità visiva per assumere il ruolo di spartiti cromo-sonori transpercettivi. Sono zone connettibili di possibilità ricomposte dell’azione espansiva del colore in continuo fremito dialettico. Ne risultano dipinti piuriespansivi a composizione frammentata che accertano il decostruirsi della superficie in zone mobili, ricomponibili e interspaziali. Una convergenza di strappi programmati a protensione di linee rette che denegano le curve e si risolvono in rigide traiettorie spazio-ambientali. Una pittura che non rinvia a modelli preesistenti o a pratiche desuete del tardo costruttivismo, ma inaugura un suprematismo selvaggio di alta sollecitazione percettiva. Franco Giuli promuove sonorità visive in graduale successione espansiva del raccordo lineare che si dispone in fughe triangolari di aggressiva incidenza ottica. Con questo procedere Giuli ottiene risultati di considerevole difesa contro il morire della luce che diventa irruzione e tumulto di articolazioni segnaletiche pluridirezionali. Così assistiamo a una prevalenza di arti I colazioni aggressive che evidenziano l’urto spigoloso di superfici in lotta continua disposte a confrontarsi | in tempi successivi di profondità relazionale. Un reticolato di fughe che non dovrà far intendere l’opera come cosa compiuta ma in quanto decostruzione intenzionale di, schianti lineari multitensivi. Si determinano lividi mitologemi che esplodono senza ferire per frammentarsi in mosaici a ventaglio suggerendo alternanze a I rimando percettivo simultaneo. Sono linee archetipe di una legge che compone e si ricompone in campi cromatici squillanti dove Giuli sposta da un punto focale all’altro la struttura basica ricorrente. Un dipingere che irrompe nello spazio ma sul quale non di” scende mai la sera. Nell’ambito di queste commistioni lineari a bivalenza di congiunzione si articola una scrittura apodittica e irriferente che Giuli propone come superamento del postcostruttivismo cromovisuale. La ricerca di Franco Giuli promuove pulsioni ottiche intermittenti per uno spettacolo spazio-ambientale multipercettivo. Dobbiamo riservare a questo appartato operatore della dislocazione formale inoggettiva l’attenzione che merita e il rispetto dovuto agli accertatori dell’inedito sistematico. Percorsi lineari che prorompono senza aggredire innestandosi in ritmi cromatici squillanti di inabituale incidenza segnica. Immagini in perfetto, pur inabituale, equilibrio spaziale riportate a un livello nettamente topologico. Qui la percezione delle forme, tali e quali, è fissata, normalizzata, istituzionalizzata obbedendo a delle leggi di invenzione e di trasmissione culturale, non a quelle della fisiopsicologia. Corridoi senza fine con zone pietrificate di colore emblematico catapultato dalla luce in false solitudini spaziali. Siamo ancora sufficientemente giovani per stupirci delle soluzioni integrali proposte dalla pittura di Franco Giuli. Le pulsazioni intermittenti sono orientate in una esasperazione dello spirito di rivolta in una dialettica della volontà di vivere come controffensiva alla monotonia e alla persistenza lineare. Una pittura poderosa e incisiva che costruisce lo spazio con richiami ottici multipercettivi lampeggianti. Con la presenza di Giuli i segni diventano segnali che si trasmettono in tempi direzionali molteplici ma pianificati. Un procedere nuovo, se pur realizzato con mezzi tradizionali, che ci permettono di considerarlo oltre la pittura, tra il rilievo virtuale o reale. Non aspirando alla solennità Giuli percorre cammini australi. Una semiologia permutabile per il nuovo secolo.

SITO WEB


Franco Giuli_hi

Senza titolo

tecnica serigrafica

50 x 70 cm