GIOVANNI MOSTARDA, pittura su tela,

Mostarda Giovanni

Nato a  Roma, dove risiede e lavora.
Dal 1978 insegna all’Accademia di Belle Arti, titolare della cattedra di Decorazione a Firenze. L’attività artistica prende avvio alla metà degli anni ’70.
Dalla pittura passa alla fotografia fino a sconfinare nella realtà tridimensionale con strutture e istallazioni. Spazi mentali carichi di mistero, sottilmente spiazzati che invitano alla meditazione.
La ricerca continua sperimentando tecniche diverse.
Recentemente premiata alla Biennale d’Arte Contemporanea al Cairo, ha partecipato a mostre collettive in Italia e all’estero. Personali: Roma, Milano, Torino, Trieste, Sorrento, Bari, Londra, Tokio, Amsterdam, Parigi.


Giovanni Mostarda_Senza titolo_80x90cm_olio su tela_1995_HI

Senza titolo

olio su tela

80 x 90 cm

1995

POUR LE PLAISIR

 

Mostra d’Arte Contemporanea con gli artisti I. Barlafante,
C. Di Carlo, C .Di Antonia, R. Monasterio, G. Mostarda.
Testo critico di Adriana Martino

 

19 – 29 settembre 1995

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Monticelli & Pagone

Monticelli & Pagone

monticelli&pagone

Alessandro Monticelli (1973) & Claudio Pagone (1976) nel 1999 si uniscono con la sigla M&P.
Vivono e lavorano tra Sulmona e Roma. Diversi loro lavori sono archiviati nell’archivio “arte del XXI secolo”della soprintendenza speciale per l’arte contemporanea (Roma) , nell’archivio di arte contemporanea” VIA FARINI” (Milano) e nell’archivio di arte contemporanea “FUTURO” (Roma).
Inoltre molti lavori sono parte di numerose collezioni private.

Sito web: http://monticelliepagone.jimdo.com/

 


Monticelli & Pagone

Re Explorer 08-01

tecnica mista su legno

44,5 x 83 cm

2011

“Ricostruire anche con l’Arte un museo, una città, la vita.
È stato questo il motivo che ci ha spinto ad accogliere l’invito a donare un’opera per il MUSPAC che ci è arrivata dal suo direttore l’instancabile Enrico Sconci ed il suo staff. Un onore e un grande piacere entrare a fare parte della collezione permanente di questa realtà museale tra le più importanti del centro Italia.
La nostra opera della serie Re Explorer ha nello scarto tra ciò che è reale e ciò che finge di esserlo, tra ciò che vediamo e ciò che invece immaginiamo la sua centralità. il doppio porta con sé un quid di ambiguo, una confusione di ruoli tra il reale e il fittizio così le immagini speculari insistono su un’ambiguità percettiva che diviene sostanziale e che passa anche per la scelta di una duplice tecnica.”

MONTICELLI & PAGONE 
ottobre 2011

Montani Matteo_emersione_abrasione su gesso di Bologna e colla di coniglio su tempera su tavola_88x121,5cm_1999

Montani Matteo

Matteo Montani tagliata

Nato nel 1972 a Roma, dove attualmente vive e lavora, l’artista sperimenta diversi tipi di linguaggi. Le sue opere spaziano dalle installazioni alla pittura, dalla fotografia all’immagine, inserita nella dimensione pittorica. E’ fondamentale dunque nella sua opera l’incrocio complesso ed articolato di tecniche e riflessioni legate alla tradizione della pittura. Il lavoro che fa parte della collezione permanente del MU.SP.A.C., è stato realizzato in occasione dell’Annuale d’Arte 2000 – Lo scandalo dello spirito, evento d’arte contemporanea che richiamò vari artisti di fama internazionale presso il Castello cinquecentesco dell’Aquila. Con la meticolosità e la precisione di un grande artigiano, Montani, dopo aver sovrapposto strati e strati di pittura su una piccola porzione di muro, con la tecnica dell’abrasione lavorò sull’intonaco scrostandolo e consumandolo per poi ricavare un’effimera apparizione di mondo. Emersione è il titolo del lavoro, proprio ad indicare un’apparizione di qualcosa a noi sconosciuto, una forma senza nome, con il perimetro sfrangiato, sfumato, impreciso, che suggerisce una possibilità di continuare, fino a scoprire tutta l’immagine sottostante e a ritrovare l’intera traccia, segno indelebile del primo intervento. Come un’apparizione sacra, il colore esce dal muro da cui è stato intrappolato e cerca di farsi spazio per emergere sulla superficie. Accanto a questa Emersione l’artista aveva posto sette pannelli rettangolari di pittura su carta abrasiva, di uguale misura e stessa dimensione, non aderenti al muro ma leggermente scostati tramite dei perni metallici. Al MU.SP.A.C. è possibile visitare un’altra opera di Montani eseguita in occasione della mostra Protraiti tenutasi nel 1999 nella sede del museo. Si tratta sempre di una Emersione realizzata però su tavola, in cui gli strati di colore a tempera ricoperti dal gesso di Bologna, riemergono, anche qui, grazie ad un lavoro di sottrazione e raschiamento con carte abrasive. Sembra di essere davanti ad uno schizzo, un abbozzo, un prodotto non finito pur essendo invece un’opera compiuta. I colori esplodono nello spazio e il nostro compito è quello di penetrarli abbandonandoci alla visione. Il talento di Montani è dato dal suo impegno scrupoloso nei difficili procedimenti operativi che limitano quasi del tutto l’uso del pennello. Attraverso un movimento lento e meticoloso, distribuisce il colore sulle tavole distese orizzontalmente, per arrivare infine alla creazione di masse, macchie, forme che fluttuano nello spazio e nel tempo. Montani con la sua tecnica riesce a sistemare temporalità diverse in un medesimo quadro, in un solo piano. In esso le figure, sorgendo dai colori, volano o avanzano con gestualità antichissime.

 

 

Martina Sconci


Montani Matteo_emersione_abrasione su gesso di Bologna e colla di coniglio su tempera su tavola_88x121,5cm_1999

Emersione

abrasione su gesso di Bologna e colla di coniglio su tempera su tavola

88 x 121,5 cm

1999

.

Dalle emersioni

pigmento su carta abrasiva su gesso di Bologna su tavola

28 x 33 cm

2000

 

11-MarioMerz_Tavoli_1974

Merz Mario

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Immagine che documenta l’opera istallata al Courtesy Promenades, Parco Lullin, Genova Esposto e pubblicato nell’esposizione a Genova nel 1985 Quest’opera rappresenta forse l’idea più compiuta rispetto al ciclo dei tavoli dell’autore, in quanto si amalgamano due discorsi: i tavoli concepiti come la rappresentazione architettonica e oggettuale della serie fibonacci e, visivamente, la spirale. Rispetto al ciclo dei tavoli l’artista in un’intervista dell’ 81 (con Amman Pagé) afferma: “L’idea del tavolo mi è venuta la prima volta mentre stavamo seduti, tutti assieme, in un ristorante. C’era un fotografo che fotografò prima una persona, poi due, tre… fino a 55. Era una struttura corrispondente alla serie numerica Fibonacci… Ho fatto perciò un tavolo per una persona, per due persone, poi per tre e così via… La cosa che mi ha interessato è il lato fisico del tavolo, visto che il tavolo è legato all’uomo in modo molto organico. Il tavolo è un pezzo di terra rialzata, sopraelevata”. Uno dei primi lavori della serie dei tavoli sono nove fotografie realizzate in una fabbrica di Napoli nel 1972, dal titolo: 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55 uomini hanno mangiato. La proliferazione degli uomini è legata alla proliferazione degli esseri da mangiare e questi alla proliferazione degli oggetti prodotti poiché questi uomini sono operai di una fabbrica di Napoli, 1972. Le nove fotografie sono state esposte allo Stedelijk Museum nell’82. da Achille Bonito Oliva, NUTRIMENTI DELL’ARTE, pag 90. Edizioni Charta, Milano – luglio 1995

 

 

 

 

 

SITO WEB: www.fondazionemerz.org


11-MarioMerz_Tavoli_1974

Tavoli

quattro Serigrafie

Inchiostro serigrafico su carta

50 x 70 cm. N. 4 fogli 50 x 70 cm

1974/ 1985

(particolari)

MarioMerz04
MarioMerz05
MarioMerz03

Protagonista dell’arte povera e processuale, opera con riferimento costante alla progressiva crescita della forma e dell’energia fisica e mentale in base alla serie numerica di Fibonacci (opera del monaco matematico, a Pisa, nell’anno 1202). Merz la usa come simbolo di influsso vitale di proliferazione inseribile in un’architettura o in un assemblage di materiali poveri scritta col neon o col lapis, traducibile in disegno o rapportabile ad una crescita biologica. “…il pensiero si esprime in spirali, in restringimenti e in dilatazioni; il pensiero è certamente un nucleo sconosciuto e carico di polarità opposte che non possono essere prese per altra cosa se non per infinitesimi calcoli”. Esponente dell’Arte Povera italiana (teorizzata da Germano Celant), Mario Merz (Milano 1925 – Torino 2003) lavora su strutture archetipe: i suoi igloo, che realizza con i materiali più diversi (creta, tela, pietra, vetro, cemento), gli animali preistorici, i neon, i tavoli, le fascine sono presenti oggi nei musei d’arte contemporanea di tutto il mondo. Nella collezione permanente del Muspac troviamo un multiplo dei Tavoli Fibonacci, che l’artista espose a Ginevra nel 1985. Quest’opera rappresenta forse l’idea più compiuta rispetto al ciclo dei tavoli dell’autore, in quanto in essa si amalgamano due discorsi: i tavoli concepiti come la rappresentazione architettonica e oggettuale della serie numerica Fibonacci (individuata nel tredicesimo secolo dall’abate Leonardo da Pisa, soprannominato Fibonacci secondo la quale ogni numero è costituito dalla somma dei due che lo precedono) e, visivamente la spirale. Rispetto al ciclo dei tavoli l’artista in un’intervista dell’81 (con Amman Pagè) afferma:“L’idea del tavolo mi è venuta la prima volta mentre stavamo seduti, tutti assieme, in un ristorante. C’era un fotografo che fotografò prima una persona, poi due, tre… fino a 55. Era una struttura corrispondente alla serie numerica Fibonacci… Ho fatto perciò un tavolo per una persona, per due persone, poi per tre e così via… La cosa che mi ha interessato è il lato fisico del tavolo, visto che il tavolo è legato all’uomo in modo molto organico. Il tavolo è un pezzo di terra rialzata, sopraelevata”. Tutta l’opera di Mario Merz si incentra sulla predilezione assoluta per la forma a spirale, intesa come forma matematica e simbolica: la spirale che, allontanandosi per infinite ripetizioni da se stessa, si ribadisce. Così egli disegna ripetutamente il guscio della lumaca, la conchiglia, fino a ribadirle nell’architettura essenziale dell’igloo. La spirale è la forma per eccellenza del mutamento e del tempo ed egli vi individua il segno grafico della struttura del movimento originale di ogni gesto umano. Merz cerca con le sue sculture-installazioni, di “stabilire un calcolo organico e mentale applicabile ad ogni situazione ambientale, sia essa libera od occupata da oggetti. I numeri sono per l’artista l’esatto correlativo del mondo naturale ed artificiale” ( G. Celant). Tutti i Tavoli nascono dalla memoria infantile del tornio del padre, inventore e ingegnere. Sono immagini proliferanti ed il loro incontro con l’ambiente avviene secondo l’accordo naturale. Il Tavolo, è infatti per lui il luogo dello spazio sociale, dell’incontro tra persone e cose.

Martina Sconci

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Mayr Albert

albertmayr

Della «musica inudibile» parlò a suo tempo Boezio. Ma con scarsi risultati se, dopo circa un millennio, le sue teorie furono accantonate nel dimenticatoio. E della musica inudibile si torrnerà a parlare (probabilmente in maniera un pò insolita) con Albert Mayr, domani pomeriggio alle 17:30 presso il Centro Multimediale «Quarto Santa Giusta». Secondo Albert Mayr, infatti, in diverse culture, sia pur a noi lontane temporalmente e geograficamente, convivono fenomeni sonori con fenomeni infrasonori (quelli inudibili). E questi concetti traggono origine, appunto, dalla tripartizione della musica di Boezio. Alla cosiddetta «musica instrumentalis», infatti, corrispondente al modo moderno di concepire le sette note, Boezio nella sua teoria, vi affiancava la musica «mundana» in riferimento ai cicli ambientali e la musica «humana», il risultato cioè della convivenza delle varie forze intellettuali, psichiche e fisiche nell’essere umano. Poi, i musicologi più recenti, non condividono la tripartizione boeziana, negandole ogni valore…e questo fino a qualche tempo fa, quando ricerche compiute in vari campi, hanno accertato la validità dei fondamenti delta musica «mundana» ed «humana», soprattutto in relazione ad un nuovo modo di concepire i rapporti ambientali. E su questi temi si soffermerà appunto Albert Mayr al «Quarto Santa Giusta» nell’incontro organizzato proprio per analizzare le caratteristiche della musica inudibile… lncontro, dall’emblematico sottotitolo «annotazioni per una ecologia del tempo». di ISOLINA SCARSELLA da Il

Messaggero 12 Marzo 1987


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Calendario armonico

Multiplo in 600 copie

Edizioni Supergruppo Multipli