1. Courtney Smith_Iglù (particolare), 2008

Smith Courtney

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When I was 22 years old I found myself pacing the hallucinogenic black & white sidewalks of Rio de Janeiro under a barbaric sun, very much alone, in an almost inexplicable relocation. Having been born and raised in France, then higher educated in the US, my migration to Brazil at the end of 1980s, without knowing a soul in that land, was pure instinct zero rational, a flash, a flight, both hypnosis and awakening. I left the rigor and discipline of my formal education (although I will never lose it) for Brazilian experientialism, immodest and immoderate, ensuring that my life’s work will be forever retracing its inherent Apollonian/Dionysian back and forth. Slipping in at the beginning, I grew up as an artist among my Brazilian peers though my own identity will remain unfixed. Inadvertently, yet befitting, my work began to consolidate around the idea of the movable element. By this I mean any element that is part of a syntactical system, but I also mean it quite literally: the “movable” (meuble, mueble móvel) or furniture. For a decade and a half I have been making work all around the idea of furniture – originally, and always, fascinated by the symmetry of its metonymical relationship to the human form that employs it and to the architectural form that contains it. Since I am working primarily in sculpture and installation, I have been breaking down existing furniture, reformulating and rebuilding it to transform its function and meaning in an evolutionary process that has ultimately spawned a new generation of derivative neo-furniture. My mimetic furniture strives for functionality but naturally falls short. I use these semi-fictional / semi-functional objects to perform a spatial syntax, fitting them together in multiple configurations to construct interior spaces, always betraying psychological intent.The same operations I perform in space I perform in language. From a bird’s eye view, my work seeks the intersection between construction in space and construction in language. Alongside my work in sculpture, I have worked with text in a similar way that I have worked with furniture: by taking existing material and reducing it to fragments that I then reconstruct to produce alternate narratives. Often I cross the two media, by making objects that form words in space or, inversely, by building texts that describe the activation of interior spaces.

Sito web: http://www.courtneysmith.info/

 


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Igloo

336 blocchi di mobili e compensato

 dimensioni variabili

 2008

Semmer Maria

Semmer Maria

portr_semmer

1979 born in Rothenburg ob der Tauber – Germany /based in Rome – Italy and Insingen – Germanystudies and education: 2000-2006 Graphic design, Georg Simon Ohm FH Nuremberg, Germany / 2004 Graphic design, Muchina – accademy of art and design, St. Petersburg, Russiasolo exhibitions: 2006 Kulturbrauerei Rothenburg ob der Tauber, Germany, curated by Waldemar Olesch / 2007″heimelig” Villa Mirafiori, Rome, curated by Lorenzo Cataldi and Daniele Puletto / 2007 “photosession”, Stamperia del Tevere, Rome / 2009 “dreamers”, Hybrida contemporanea gallery, Rome, curated by Martina Sconci group exhibitions: 2006 Photokina Cologne, Germany / 2007 Vecchia sala della ferrovia, Cosenza, Italy, curated by Co.Se.R. Calabria / 2008 Refugium 2 gallery, Berlin / 2008 “Beata Remix”, Palazzo d’Avalos, Vasto, Italy, curated by Davide W. Pairone / 2009 “Mater Terra”, Stamperia del Tevere, Rome / 2009 “venus in eco furs”, cell63 gallery, Berlin, curated by Res Pira / 2010 “venus in eco furs”, Esposta gallery, Verona, Italy, curated by Res Pira / 2010 “Photosensibilité”, Hybrida contemporanea gallery, Rome, curated by Concetta Catalano and Mireia Barrachina / 2010 “L’Arte Grafica – dalla tradizione all’innovazione”, Castel dell’Ovo, Naples, Italy, curated by Stamperia del Tevere and Alberto Dambruoso / 2010 “Naturae”, Galleria Miralli, Viterbo, Italy, curated by Agnese Miralli


Semmer Maria

Untitled

stampa lambda

60 x 90 cm

2008

 

 

L’opera è stata gentilmente donata dall’artista al MUSPAC, per la ricostituzione

della collezione permanente, gravemente danneggiata dal sisma del 6 aprile 2009

I sognatori di Maria Semmer

 

 

 

Le foto che Maria Semmer ha sapientemente selezionato per questa mostra sono delle visioni, parlano di un mondo parallelo, una dimensione “altra”, perfettamente speculare a quella reale. E’ dentro di lei che tutto accade. Sembra scavare nel profondo del proprio animo, cercando di esternare immagini che provengono dal lato oscuro della sua mente e che si schiariscono e si manifestano sotto i nostri occhi. Luoghi e situazioni perturbanti sono lo specchio del mondo interiore che anima l’artista. Ogni foto è ricca di queste atmosfere inevitabilmente surreali e trascendenti, mostra un gioco fatto di ambienti e simboli, un’estetica che muove i suoi passi tra suggestioni spaziali e momenti di riflessione psicologica. Maria Semmer racconta storie di “sognatori”, storie di pensieri, di immagini e di fantasmi. Il suo è un metalinguaggio che scompone e ricompone materiali letterari, teatrali e cinematografici.
Il corpo è un elemento costante per l’artista. Conduttore di flussi energetici, vive un rapporto intimo con lo spazio circostante e diventa un modo per riflettere sulla potenza e sulla fragilità dell’uomo. I suoi tableau vivant mettono in scena uomini e donne in pose sensuali, ripresi in evanescenti e fugaci attimi d’intimità, in bilico tra il tangibile e l’immaginato, in una dimensione spazio temporale indecifrabile che l’artista stessa costruisce con oggetti ed elementi naturali raccolti dalla quotidianeità. I luoghi appaiono degradati e la luce enfattizza il contrasto tra il bianco e il nero.
Una fragile malinconia e un senso di disperazione e drammaticità si diffonde in alcune foto cariche di simbologie. Un gatto nero compare come per avvisarci di qualcosa che sta per accadere. Nei miti pagani veniva associato al culto di Iside, la dea che aveva il proprio regno nella notte. Nero, silenzioso e furtivo si muove tra di noi, caccia abilmente, ha occhi che brillano e, come la dea notturna, veglia mentre altri dormono. La notte è il tempo del riposo, della vita animale che si sveglia e agisce di nascosto, dei boschi che vivono di mille movimenti furtivi e silenziosi. E’ un mondo misterioso e segreto, legato al femminile e alle divinità madri.
Alla donna è legata anche la tragica storia di Ofelia presente in altre foto. Nell’immagine famosa di J. Millais, è rappresentata come la fanciulla dei fiori, “bella come una sirena nella sua narrata morte per acqua. Ofelia è un corpo intatto di gentile superficie, che seduce lo sguardo e che va a comporsi come un fiore tra i fiori, nello specchio fluviale di una natura incorrotta. Sebbene solo per un attimo, prima di sprofondare in una morte fangosa che l’inghiotte” .Figura incorporea, che continua a tramandare di sé l’immagine di una donna inviolata nel corpo, ma violata nei sentimenti, ferita a morte dalle incongruenze maschili.
Le donne romantiche di Maria Semmer sono le Ofelie dei nostri giorni, giovani remissive, pure, vittime innocenti ed ignare, proiettate in un contesto contemporaneo, tra i banchi di un mercato romano cosparso di graffiti, oppure travolte da un liquido amniotico che le conduce verso l’oblio (il tragico richiamo dell’acqua scura compagna del viaggio eterno è, in letteratura, il simbolo della morte femminile). Sono figure incorporee, volti dolci e infantili che emergono dall’acqua tra fasci di rami, sirene trascinate via dalle correnti e avvolte da un senso di enigmatica ed impenetrabile fatalità. Accanto possiamo immaginare un Amleto contemporaneo che, simulando una tragica follia, si ribella alla malvagità del mondo e all’amara realtà della vita. Disperato  per aver proclamato troppo tardi il suo amore per Ofelia, lo vediamo trasformato in una sorta di vampiro.
Come in un teatro dell’irrappresentabile, è forte per Maria il desiderio di potenza dell’immaginario.
“E il poeta dice che ai raggi delle Stelle vieni a cercare, di notte, i fiori che cogliesti; e d’aver visto sull’acqua, distesa fra i suoi lunghi veli, la bianca Ophélia, come un gran giglio, ondeggiare.” (Arthur Rimbaud).

Martina Sconci

sassi

Sassi Corrado

Corrado-Sassi

Corrado Sassi nasce a Roma nel 1965, studia fotografia a New York ed ha al suo attivo numerose mostre in Italia e all’estero, tra cui ricordiamo Miradas Parallelas, nel 1995 a Lima, Where are all the people, nel 2001 a New York, Dieci al cubo a Torino nel ‘98, America, GNAM, 1999 e sempre a Roma, Inedito nel 2000 presso la Galleria S.A.L.E.S. Lavora tra Roma e New York anche se racconta di aver trovato grande ispirazione a Venezia dove ha vissuto per un anno.

Sito web: https://www.marcobagnoli.it/


sassi

Senza titolo

Stampa fotografica 10/20

2005

Rainaldi Oliviero

Rainaldi Oliviero

Rainaldi

Lo studio della pittura è un percorso lungo e aspro. Difficile dire quando ad esso subentra la fase dell’autonomia della ricerca; ovvero quando un artista ha raggiunto quella dimestichezza con la tela, che gli permette, quindi, sperimentazione e ricerca, sia del suo stile sia di una nuova immagine. E’ a questo punto delicato, da una parte arrivo e dall’altra partenza, che si colloca il lavoro di Oliviero Rainaldi. Attento a ciò che lo circonda, personale nell’immagine, Oliviero ha uno stile già individuale che lo fa riconoscere e che, al tempo stesso, rivela da dove parte la sua storia di pittore. L’immagine che Oliviero produce è astratta con dei richiami alle forme plastiche dei simboli numerici, ricorda in questo l’atmosfera, il clima fervido e già in parte storia della Roma degli anni sessanta, quando a ridurre la forma sulla tela si andava essenzializzando sino a ridurre la parte pittorica al minimo a favore della stessa forma. Ebbene se da essa trae ispirazione, come per esempio i numeri di Jannis Kounellis, in questi lavori degli anni ottanta del giovane Rainaldi, proprio in sintonia con i tempi, si vede il ripristino della superficie pittorica, si assiste all’espandersi liquido e plastico di questa materia-colore: è il ritorno della pittura. Proprio su questa superficie hanno cominciato ad appoggiarsi forme lineari e geometriche, macroscopiche e materiche come delle gigantesche clessidre tutte abitate di concrezioni pittoriche di materie plastiche e cromatiche suggestive e misteriose. Siamo all’inizio di una storia di tele, di pitture, ovvero quella di Oliviero, e sempre per un critico è emozionante e proficuo assistere all’esordio, che già ha in sé i caratteri di uno con le carte in regola, con la stoffa…etc…Ciò che è proficuo per il critico è la lettura accurata dell’immagine e la sua registrazione all’interno di un discorso globale, di una fitta rete di indagini iconologiche ed iconografiche, che lo portano ad essere compagno di strada e osservatore in primo piano di ciò che stava avvenendo nell’arte.

Barbara Tosi

SITO WEB


Rainaldi_Oliviero_05_hi

Senza titolo

pittura su tela

103 x 151 cm

1985

Rainaldi Oliviero

Senza titolo

legno, pittura

80 x 76 cm

1987

IMG_9908

Doppia predestinazione

legno, ferro, pittura

157 x 56 cm

1987

Rainaldi Oliviero_06_hi

Senza titolo

tecnica mista

110 x 120 cm

1985

Rainaldi 5

Senza titolo

tecnica mista

78 x 39 cm

1989