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Falli Francesca

francesca falli

Vive e lavora a L’Aquila. Ha studiato Grafica pubblicitaria ed editoriale all’Istituto Europeo di Design di Roma e Pittura all’Accademia di Belle Arti. Negli anni novanta ha frequentato lo studio del maestro Fabio Mauri a Roma ed è stata allieva di Fulvio Caldarelli.

Ha realizzato decorazioni Art decò in abitazioni private, ristoranti, alberghi e murales per amministrazioni comunali e privati. L’attività di grafico pubblicitario non le ha impedito di alimentare con regolarità un’originale ricerca artistica. La contaminazione tra le due discipline sì è anzi arricchita in tempi recenti: in questo momento la sua riflessione/sperimentazione è rivolta al collage digitale e la grafica ha un ruolo fondamentale nelle sue opere.

Questo nuovo orientamento nell’approccio artistico ha una genesi particolare. Il sisma che ha colpito la città dell’Aquila nell’aprile 2009 ha distrutto il suo laboratorio rendendo in-agibili i tradizionali strumenti di lavoro. La consuetudine ed il bisogno di manipolare quotidianamente i colori si sono, per così dire, dematerializzati, trasmigrando nelle infinite combinazioni di bytes del suo computer con la realizzazione di opere in cui sfrutta la sua esperienza di grafico pubblicitario.

Il terremoto ha condizionato profondamente anche il suo stato d’animo inducendola a produrre opere che evocano scenari dominati da caos, incertezza, indefinitezza, RI-COSTRUZIONE dell’anima, frammentarietà, che si riferiscono alle trasformazioni subite dalla sua città natale.

Le opere degli anni più recenti, della serie “specchi computerizzati”, sono rappresentativi di questo stato di indeterminatezza in cui versa la città ma anche l’umore dei suoi abitanti, influenzandosi reciprocamente, e rappresentano la confusione della sua città. Il materiale specchiato produce due effetti, quello di “osservarti” ma anche di attraversarlo e “andare oltre”. Ha una particolare predilezione per il materiale specchiato per gli effetti ottici che produce, per il gioco dei volumi, per gli oggetti non presenti nell’opera che diventano parte integrante della stessa.

Le sue opere figurano nella collezione permanente del MUSPAQ – Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea dell’Aquila – e del MACS – Museo di Arte Contemporanea Statale di Caserta. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero. Nel 2017 è stata premiata nella sezione “Videorecensioni”, nell’ambito della rassegna internazionale di arte contemporanea “Arte Salerno 2017” ed ha ricevuto il premio “Migros Kulturprozent” prima edizione della Biennale d’Arte Contemporanea del Belvedere di San Leucio.

E’ selezionata con la modalità Grandi Maestri per l’inserimento nell’Atlante dell’Arte Contemporanea De Agostini.

Hanno scritto di lei:

Cecilia Casorati, Fulvio Caldarelli, Josè Dalì, Roberto Dudine, Francesco Delli Santi, Antonio Gasbarrini, Fabio Mauri, Veronica Nicoli, Salvo Nugnes, Enrico Sconci, Lucia Spadano, Rosita Taurone, Zibbà.

ive e lavora a L’Aquila. Ha studiato Grafica pubblicitaria ed editoriale all’Istituto Europeo di Design di Roma e Pittura all’Accademia di Belle Arti. Negli anni novanta ha frequentato lo studio del maestro Fabio Mauri a Roma ed è stata allieva di Fulvio Caldarelli.

Ha realizzato decorazioni Art decò in abitazioni private, ristoranti, alberghi e murales per amministrazioni comunali e privati. L’attività di grafico pubblicitario non le ha impedito di alimentare con regolarità un’originale ricerca artistica. La contaminazione tra le due discipline sì è anzi arricchita in tempi recenti: in questo momento la sua riflessione/sperimentazione è rivolta al collage digitale e la grafica ha un ruolo fondamentale nelle sue opere.

Questo nuovo orientamento nell’approccio artistico ha una genesi particolare. Il sisma che ha colpito la città dell’Aquila nell’aprile 2009 ha distrutto il suo laboratorio rendendo in-agibili i tradizionali strumenti di lavoro. La consuetudine ed il bisogno di manipolare quotidianamente i colori si sono, per così dire, dematerializzati, trasmigrando nelle infinite combinazioni di bytes del suo computer con la realizzazione di opere in cui sfrutta la sua esperienza di grafico pubblicitario.

Il terremoto ha condizionato profondamente anche il suo stato d’animo inducendola a produrre opere che evocano scenari dominati da caos, incertezza, indefinitezza, RI-COSTRUZIONE dell’anima, frammentarietà, che si riferiscono alle trasformazioni subite dalla sua città natale.

Le opere degli anni più recenti, della serie “specchi computerizzati”, sono rappresentativi di questo stato di indeterminatezza in cui versa la città ma anche l’umore dei suoi abitanti, influenzandosi reciprocamente, e rappresentano la confusione della sua città. Il materiale specchiato produce due effetti, quello di “osservarti” ma anche di attraversarlo e “andare oltre”. Ha una particolare predilezione per il materiale specchiato per gli effetti ottici che produce, per il gioco dei volumi, per gli oggetti non presenti nell’opera che diventano parte integrante della stessa.

Le sue opere figurano nella collezione permanente del MUSPAQ – Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea dell’Aquila – e del MACS – Museo di Arte Contemporanea Statale di Caserta. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero. Nel 2017 è stata premiata nella sezione “Videorecensioni”, nell’ambito della rassegna internazionale di arte contemporanea “Arte Salerno 2017” ed ha ricevuto il premio “Migros Kulturprozent” prima edizione della Biennale d’Arte Contemporanea del Belvedere di San Leucio.

E’ selezionata con la modalità Grandi Maestri per l’inserimento nell’Atlante dell’Arte Contemporanea De Agostini.

Hanno scritto di lei:

Cecilia Casorati, Fulvio Caldarelli, Josè Dalì, Roberto Dudine, Francesco Delli Santi, Antonio Gasbarrini, Fabio Mauri, Veronica Nicoli, Salvo Nugnes, Enrico Sconci, Lucia Spadano, Rosita Taurone, Zibbà.

ive e lavora a L’Aquila. Ha studiato Grafica pubblicitaria ed editoriale all’Istituto Europeo di Design di Roma e Pittura all’Accademia di Belle Arti. Negli anni novanta ha frequentato lo studio del maestro Fabio Mauri a Roma ed è stata allieva di Fulvio Caldarelli.

Ha realizzato decorazioni Art decò in abitazioni private, ristoranti, alberghi e murales per amministrazioni comunali e privati. L’attività di grafico pubblicitario non le ha impedito di alimentare con regolarità un’originale ricerca artistica. La contaminazione tra le due discipline sì è anzi arricchita in tempi recenti: in questo momento la sua riflessione/sperimentazione è rivolta al collage digitale e la grafica ha un ruolo fondamentale nelle sue opere.

Questo nuovo orientamento nell’approccio artistico ha una genesi particolare. Il sisma che ha colpito la città dell’Aquila nell’aprile 2009 ha distrutto il suo laboratorio rendendo in-agibili i tradizionali strumenti di lavoro. La consuetudine ed il bisogno di manipolare quotidianamente i colori si sono, per così dire, dematerializzati, trasmigrando nelle infinite combinazioni di bytes del suo computer con la realizzazione di opere in cui sfrutta la sua esperienza di grafico pubblicitario.

Il terremoto ha condizionato profondamente anche il suo stato d’animo inducendola a produrre opere che evocano scenari dominati da caos, incertezza, indefinitezza, RI-COSTRUZIONE dell’anima, frammentarietà, che si riferiscono alle trasformazioni subite dalla sua città natale.

Le opere degli anni più recenti, della serie “specchi computerizzati”, sono rappresentativi di questo stato di indeterminatezza in cui versa la città ma anche l’umore dei suoi abitanti, influenzandosi reciprocamente, e rappresentano la confusione della sua città. Il materiale specchiato produce due effetti, quello di “osservarti” ma anche di attraversarlo e “andare oltre”. Ha una particolare predilezione per il materiale specchiato per gli effetti ottici che produce, per il gioco dei volumi, per gli oggetti non presenti nell’opera che diventano parte integrante della stessa.

Le sue opere figurano nella collezione permanente del MUSPAQ – Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea dell’Aquila – e del MACS – Museo di Arte Contemporanea Statale di Caserta. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero. Nel 2017 è stata premiata nella sezione “Videorecensioni”, nell’ambito della rassegna internazionale di arte contemporanea “Arte Salerno 2017” ed ha ricevuto il premio “Migros Kulturprozent” prima edizione della Biennale d’Arte Contemporanea del Belvedere di San Leucio.

E’ selezionata con la modalità Grandi Maestri per l’inserimento nell’Atlante dell’Arte Contemporanea De Agostini.

Hanno scritto di lei:

Cecilia Casorati, Fulvio Caldarelli, Josè Dalì, Roberto Dudine, Francesco Delli Santi, Antonio Gasbarrini, Fabio Mauri, Veronica Nicoli, Salvo Nugnes, Enrico Sconci, Lucia Spadano, Rosita Taurone, Zibbà.

Info prese da: Inarte Werkkunst

 


Falli Francesca_1_hi

Senza titolo

tecnica mista

52,5 x 72,5 cm

 

Falli Francesca_2_hi

Senza titolo

tecnica mista

60,5 x 62 cm

 

cof

Equizi Marco

pic_biografia

Nato a L’Aquila nel 1978, avvocato dal 2009, Marco Equizi si appassiona alla fotografia appena ventenne, durante gli studi universitari. Seguendo il consiglio di un fotografo professionista, inizia a scattare con una reflex monobiettivo a esposizione manuale, nonostante il mercato già offra corpi a elevata automazione; studia quindi, da autodidatta, le opere e le tecniche di artisti come Ansel Adams e delle firme della National Geographic Society, quali James L. Stanfield, Jodi Cobb e Steve McCurry. Nel 2009, terminato il percorso di studi con l’abilitazione professionale forense, si dedica nel tempo libero alla fotografia digitale, riprendendo quanto appreso e affinando le sue capacità, appassionandosi al minimalismo, scattando con poca luce o in notturna. Pur rimanendo fedele all’amore per la disciplina paesaggistica, esplora nuovi generi quali il ritratto e la fotografia di sport, infine si lascia trasportare dall’emozione nel documentare l’impatto del violento sisma sulla sua città d’origine. Grazie all’esplosione dei social networks e della possibilità di condivisione del materiale fotografico, nel 2010 decide di raccogliere alcuni album sulla pagina facebook “Ma.Eq.Photography”; collabora dallo stesso anno con il sito Laquilaweb, dove si può trovare una piccola galleria permanente di sue immagini. Nel 2012, alcuni suoi scatti realizzati nel centro storico di L’Aquila compaiono sul n. 23 della rivista MU6.

 

 

 

 

 

 

Sito: http://www.marcoequizi.it/


cof

Silent L’Aquila

Piazza Duomo

Fotografia

20 x 30 cm

2013

 

Lea Contestabile_Nero Paradiso_pittura su tela_60x100_1986_hi

Contestabile Lea

lea-contestabile

Nata ad Ortucchio (Aq) nel 1949, vive e lavora a L’Aquila.
Dopo l’Accademia opera presso la Calcografia Nazionale di Roma, diretta da Carlo Bertelli, grazie ad una borsa di studio dell’Accademia di San Luca. Dal 1976 è titolare della 1^Cattedra di Anatomia Artistica all’Accademia di Belle Arti dell’Aquila, dove insegna anche Didattica dell’Arte ai Corsi di formazione per insegnanti. Le metodologie didattico-formative dell’arte, sperimentate nei laboratori da lei diretti nelle scuole e al MUBAQ- Museo Dei Bambini L’Aquila che ha fondato, sono oggetto dei volumi di Educazione alla visione” L’arte a scuola”.
Ad una intensa attività artistica documentata da esposizioni in Italia e all’Estero in Italia( L’Aquila, Roma, Milano, Napoli, Firenze, Ascoli Piceno, Spoleto, Enna…) e all’Estero (America Latina, Neuchatel, Hamilton, Rottweil, Toronto, Budapest, Craiova, Calafat, Mosca, Istanbul…), affianca un interesse crescente per il mondo dell’infanzia tanto che promuove presso la stessa Accademia l’indirizzo sperimentale di Didattica per l’arte di cui è coordinatrice. Le metodologie didattico-formative dell’arte, sperimentate nei laboratori da lei diretti nelle scuole e al MUBAQ- Museo Dei Bambini L’Aquila che ha fondato, sono oggetto dei tre volumi pubblicati nella collana di Educazione alla visione” L’arte a scuola”. Artista versatile realizza libri d’arte, video e spettacoli, sperimentando ogni tipo di commistione di linguaggi insieme a scrittori e musicisti.
Realizza con musicisti(Carlo Crivelli, M. Fischione, Orazio Tuccella…)e Enti e Associazioni musicali (Società dei Concerti Barattelli, Sinfonica Abruzzese, Officina Musicale, Gruppo Serafino Aquilano, …) spettacoli- concerti come “Il mondo sonoro di Escher”, “C’era una volta il XX° Secolo”, “Musica per arte sacra” , C’era una volta…al Castello in cui suoni, immagini, architetture si incontrano creando suggestioni inusuali e coinvolgenti.


Lea Contestabile_Nero Paradiso_pittura su tela_60x100_1986_hi

Nero Paradiso

pittura su tela

60 x 100 cm

1986

 

Jaques Cloarec_Nuvola Barocca S.Bussotti

Cloarec Jacques

Jacques-Cloarec-in-1986

Jaques Cloarec_Nuvola Barocca S.Bussotti

Nuvola barocca

Costume di Sylvano Bussotti per l’Incoronazione di Poppea di C.Monteverdi

Foto

41 x 61 cm

1980

 

Jaques Cloarec_silvano -bussotti durante una pausa teatrale_fotografia_53x63cm_1980_hi

Sylvano Bussotti durante una pausa teatrale

Foto

53 x 63 cm

 1980

 

LA FOTOGRAFIA DI JACQUES CLOAREC

Sylvano Bussotti regista, costumista, scenografo

Mostra di fotografia

19 agosto – 19 settembre 1987

 

VEDI EVENTO
Pino Barillà_senza titolo_installazione_legno spago pittura_dimensioni variabili_1997_hi

Barillà Pino

pino barillà

Nasce a Viterbo Vive e lavora a Celleno e a Roma Si diploma come scalpellino alla Scuola per le Arti di Viterbo della Regione Lazio. Nel 1998 pubblica il documento Fusione Estetica edito dalla Litos Editrice

Dal 2002, Pino Barillà integra il suo concetto di scultura che riguarda la struttura, la forma, la percezione della luce nel vuoto ed in fine della linea di cui l’opera si compone, superando l’idea sia dell’installazione, in cui c’era l’esigenza di ancorarsi agli spazi pre-esistenti, sia della scultura oggetto, ritenuta dall’artista legata ad un concetto del “secolo scorso”.

Come scrive il critico Anton Giulio Niccoli: “Barillà è consapevole che ogni arte deve tendere alla piena definizione dei propri elementi irriducibili, prima di tentare una fusione con ogni altra. […] Nel tempo, Barillà epura lentamente i lavori da ogni reminiscenza pseudo-concettuale, rendendo le forme sospese nell’atmosfera, ridotte all’essenziale. Barillà, di fatto, espleta la sua ricerca d’un nuovo punto di partenza, d’un metodo reale che abolisca, in maniera definitiva, le infinite varianti artistiche, erigendo lo spazio misurato”.

 


Pino Barillà_senza titolo_installazione_legno spago pittura_dimensioni variabili_1997_hi

Senza titolo

Scultura a parete: legno, spago e pittura

1997

La polemica nei confronti della dicotomica distinzione tra volume compatto della scultura e superficie piana della pittura e la conseguente ope­razione di riduzione dell’espressione artistica ad una unitaria qualità morfologica costituiscono il punto di partenza della ricerca di Pino Barillà. Un incontestabile elemento di continuità con le sperimentazioni sintattiche di Castellani e di Bonalumi, alle quali tuttavia il suo lavoro non deve riferirsi in quanto manieristica e stanca reinterpretazione dei codici linguistici ma come dichiarazione di affinità, come necessario ancoraggio per l’avvio di una nuova e personale ricerca espressa dall’artista in tutta la propria autonomia attraverso la pratica dell’autocitazionismo.
Le strutture in corda di Barillà, come elementi appartenenti ad una dimensione inconoscibile della realtà, risolvono in termini spaziali la loro contraddittoria presenza in un contesto oggettivo attraverso la spasmodica ricerca di un rapporto di continuità con l’ambiente esterno.
Animate da uno stato tensionale tutto interiore, le opere sembrano vivere un destino proprio, non attendono statiche di essere contemplate e interpretate.
Nuclei di una percezione sensoriale complessa ed organica, sono esse stesse a interpretare e ad abitare lo spazio.
All’interno delle strutture molteplici vettori dinamici convergono in precise traiettorie e si esprimono in potenti linee-forza che si proiettano drammaticamente verso l’involucro fino a modificarne i confini.
La quiete solo apparente delle superfici scabre, tese e monocrome genera così inquietudine rivelando il moto silenzioso di un’evoluzione lenta e inarrestabile, fatta di tensioni, di torsioni interne, di propagazioni che tendono a determinare un senso di contrazione dello spazio-ambiente. Spazio reso indispensabile alla presenza umana tanto da produrre sul visitatore un senso di profondo disagio che, interferendo in maniera nega­tiva sull’equilibrio del processo cognitivo, rende problematica l’identificazione dell’osservatore con l’oggetto.
In tal modo la percezione del luogo, strutturato dalla presenza delle opere, arriva a trascendere i dati empirici dell’esperienza e della realtà con­creta per approdare decisamente alla paradossale materializzazione di un’estetica metafisica.
Se infatti le immagini di De Chirico riproducono uno spazio pietrificato e un tempo immobile, quali elementi invariabili della rappresentazione di un contesto – luogo dell’incomunicabilità – avverso alla presenza dell’uomo, i “quadri” e le “sculture” di Barillà estendono fino alle estreme conseguenze gli effetti inquietanti di tale visione proiettandoli nello spazio e nel tempo reali.
Queste opere ermetiche, chiuse in un silenzio angosciante, si negano dunque ad una valutazione critica come oggetti in sè conclusi esprimendo più che un linguaggio compiuto di segni un vero e proprio comportamento spazi aIe autonomo.
L’intensità degli stati di tensione tende a comprimere il volume delle strutture: il confine tra interno ed esterno diviene così luogo di massimo conflitto tra forze di segno opposto e complementari che cercano una difficile quanto improbabile integrazione.
Ma è proprio dal rapporto dialettico tra spazialità interna ed ambiente esterno che emergono inequivocabili le aspirazioni architettoniche delle opere di Barillà.
Nè scultura nè pittura, le composizioni volumetriche dell’artista sono assimilabili concettualmente agli esiti dell’architettura in quanto forme capaci di modulare e di modificare le qualità fisiche del contesto.
La serrata scansione verticale dell’incordatura rende vibrante la superficie esprimendo simultaneamente lo stato tensionale delle strutture e le potenzialità delle stesse di propagarsi attraverso e oltre i propri limiti fisici.
Forzando i confini permeabili delle opere, le profonde fenditure praticate da Barillà nella trama compatta dell’incordatura non costituiscono infatti, come i tagli di Fontana, un gesto conoscitivo ma piuttosto la traduzione formale di una propensione delle strutture a compiere l’agognata proiezione di uno spazio – ambiente.
Propensione che si esplicita nell’evidenza dell’ombra, fattore di moltiplicazione spaziaIe capace di restituire all’oggetto un reale senso di conti­nuità con l’ambiente esterno.
L’immersione nella complessa interiorità delle opere è dunque negata all’osservatore che anzi da questa viene investito e respinto come un corpo estraneo.
All’interno dell’approccio conoscitivo si assiste così ad una sorta di inversione delle parti che tende, in ultima analisi, a relegare l’uomo al ruolo passivo di puro spettatore.

Fabio Briguglio

 

BARILLA’ PINO

“Ermetiche espressioni” 

Mostra d’arte contemporanea – Presentazione di Fabio Briguglio

05 FEBBRAIO / 05 MARZO 1995

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