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Policastro Felix

Policastro felix

Nasce il giovedì 14 settembre 1961 sulla riva sud dell’Orinoco a Ciudad Bolivar in Venezuela, dove ha vissuto fino all’età di 11 anni. Negli anni settanta i genitori, con incertezze, e non poche difficoltà di ambientazione si trasferirono in Italia definitivamente. Inizia così per Felix, una vera e propria enfatizzazione intellettuale, di ricordi, sensazioni e profumi vissuti in quegli anni. Trascorre un decennio, assolvendo ai doveri scolastici, e soddisfacendo, nei ritagli di tempo, la passione per la pittura. In quegli anni, rivolgeva l’interesse soprattutto alle tecniche pittoriche, azzardando nei primi anni ottanta una propria espressione artistica, con il solo uso di colori, e forme “fantastiche”. Non realizza molte tele in quel periodo, ma le mostra ad amici che dividono con lui le stesse passioni: Roberto Iossa, Paolo Castaldo, Vittorio Avella e più tardi, Fiormario Cilvini, Alfonso Caliendo. S’interessa da subito ai sistemi di comunicazione visiva, coltivando esperienze in diverse discipline, sperimentando tecniche innovative su materiali e supporti naturali. Ha realizzato diversi loghi e sigle, per aziende e privati. Progetta e realizza architetture e arredamenti d’interni, traslando la sua ricerca artistica nella funzionalità. La sua sperimentazione mira a cogliere un “progetto divino”, a instaurare un colloquio tra l’uomo e la natura. Nel 1988, assieme a Castaldo e Iossa , allestisce nel Palazzo Orsini una delle mostre più importanti di quel periodo: “I Luoghi Felici “, patrocinata dal Comune di Nola, che fece stampare un Catalogo con testo critico di Antonio Napolitano. L’anno successivo incontra, Luca/Luigi Castellano, Alik Cavaliere, Idetoshi Nagasawa, Enrico Baj, con i quali divide gli spazi del Palazzo Orsini per una mostra/evento: “Il Labirinto della Memoria” proposta da Il Centro Arte Multiplo, di quell’incontro Felix ricorda un’affettuosa critica fattagli dal maestro Luca «’O gualione ha saputo sprèmmere ‘o limone». Nel 1990, presenta “Pluvia” nella sede del Consolato del Venezuela; Enzo Battarra, assieme a Jorge Rondon Uzcategui (Console Generale del Venezuela a Napoli) curano i testi critici pubblicati, in tre lingue, nell’omonimo Catalogo. Lo stesso Rondon nel 1991 invita Felix e gli amici Iossa e Cilvini (presentatisi sotto la sigla UKEE), alla mostra tenuta nella Sala Carlo V al Maschio Angioino intitolata: “Venezuela Terra Magica”. Nello stesso anno conosce Felice Carmine Simonetti – Il Poeta -, dall’incontro nasce subito una amicizia ed una reciproca collaborazione, soprattutto sul tema dell’eternità, gli dedica la copertina del numero 19 di “Mito” e assieme, nell’estate del 1991 presentano nel giardino di Carlotta “luogo” dei poeti di Pietroburgo, l’evento: “di me stesso, di Felix Policastro, del desiderio profetico”. Nel 1992 il direttore della galleria Croix Baragnon di Toulouse in Francia, gli dedica una personale, intitolata: “Alcabala” . …”Il termine indica i controlli obbligatori che si devono affrontare, attraversando il Venezuela per giungere in Amazzonia. “Alcabala” è quindi un passaggio obbligato, una sosta necessaria per poi ripartire” … Così Enzo Battarra recensì la mostra sulle pagine di “Juliet” N° 64 di ottobre del 1993. In quel periodo conosce Tommaso Ferrillo, che inaugura la stagione artistica con la mostra: “Paragua” nella sua neonata galleria ArteXArte, diventando nel tempo il referente accreditato per il suo lavoro. Si tratta, (scrive Arcangelo Izzo sulle pagine di “Segno”del 1993) di una mostra che assieme alle precedenti, non solo raccolgono sotto un arco voltaico cicli di opere, ma rinnovano una serie di eventi rivissuti da un artista che dalla battigia mediterranea guarda alla selva amazzonica, al cuore del mondo attraverso il corpo dell’arte. Negli stessi anni conosce Jolanda Capriglione, che scrive delle sue opere, poesie intense. Nel 1996 assieme ad Antonio Sgambati realizza il progetto artefuori che consiste nell’allestimento permanente di opere di artisti contemporanei nei siti aperti di Saviano. Insieme fondano l’Associazione Nazionale per la Liberazione del Merlo Maschio, che ricorre ogni anno per festeggiare, insieme con amici, artisti e poeti, l’ingresso della primavera, invocando pace e rispetto per ogni cultura. Nel 1998 Simona Barucco sceglie un suo video dal titolo “Trasformazione naturale” per la quinta edizione del Festival Europeo della Comunicazione Audiovisiva Breve, tenutasi a Palazzo Reale di Napoli. Negli anni 2000 i lavori di Felix si arricchiscono di nuovi segni che egli elabora al computer e realizza con materiali come la vetroresina, la cartapesta e la cera. Enrico Sconci, Direttore del MUSPAC Museo sperimentale d’arte contemporanea, lo invita per la Iª Annuale d’arte contemporanea, che si svolse nel Castello Cinquecentesco de L’Aquila proprio nel 2000. Lo stesso anno presenta l’opera “RESET” a Palazzo Reale di Napoli per la mostra “Cartolina per Napoli” curata da Arcangelo Izzo e promossa dalla galleria ArteXArte.

 


Felix Policastro_Zotici intellettuali a confronto_pellicola adesiva elaborata al computer applicata su tela con intervento pittorico ad acrilici_40x40cm_hi

Zotici intellettuali a confronto

Pellicola adesiva elaborata al computer, applicata su tela con intervento pittorico ad acrilici

40 x 40 cm

 

piunti

Piunti Massimo

La mostra del giovane artista Massimo Piunti, allestita negli spazi del Muspac, in via Paganica 17, ha ottenuto un grandissimo successo di pubblico, soprattutto giovanile, che entrando negli spazi del museo si è trovato come dinanzi ad un giardino Zen. Le bellissime installazioni di Piunti sono l’espressione di una grande sensibilità artistica che attraversa un vasto orizzonte di significati. La prima allude ad un campo di grano formato da sottili canne di bambù alle cui estremità sono attaccate delle foglioline dorate che come nella tradizione della “optical art” sembrano produrre una sottilissima vibrazione. Questo campo, avvolgente l’architettura del Museo, deve essere scoperto con gli occhi e con la mente, rimanda all’idea dell’ hortus conclusus , del paradiso perduto. L’uso delle foglioline di color giallo oro, posizionate sulle leggere canne che con un atteggiamento “minimalista” sono perfettamente allineate, sembrano riproduce l’alchimia di una sensibilità decorativa di klimtiana memoria. La seconda installazione, in una linea di perfetta coerenza linguistica con altre opere esposte, riproduce l’incantesimo di un’isola vicina o lontana, sulla cui spiaggia il mare porta alla deriva “segni”, oggetti a reazione poetica o forse detriti e scarti di una società dei consumi, che un remoto Robinson o un futuro Tom Hanks sarà ancora costretto a decifrare. Un sottofondo casuale di “suoni – rumori”, musiche e lingue di popoli diversi, (rumori a bassa frequenza emessi da una radio), formano una babele dei linguaggi fondendosi continuamente: sono elementi di una società multiculturale che ha accorciato le distanze fra i popoli e fra le varie aree geografiche. Significati e unità di senso si mescolano di continuo dandoci la sensazione di un viaggio della memoria in cui l’oriente s’incontra con l’occidente, la cultura locale con quella internazionale. Questa deriva fatta di terra e sabbia, tagliata e segnata da una strada, un percorso, evidenziato da due fili su cui sono appese lampadine a basso voltaggio, (forse luminarie di una festa popolare), ci sposta nel luogo dell’arte, in una scena teatrale deserta. Entrando nell’opera ci troviamo nello spazio del sogno, è come attraversare un “ponte” illuminato da luci fioche. Dall’alto, da un punto di vista privilegiato, che è ancora quello dell’arte, sembra riemergere un nuovo mondo, una seconda realtà. L’arte di Massimo Piunti produce questa sorta di stordimento, di spaesamento, si sposta continuamente in una linea intermedia tra la veglia e il sogno. In questo mondo fantastico, evidenziato anche nei suoi quadri, o meglio nelle sue scatole magiche, affiorano i ricordi della nostra infanzia. Con un’opulenza espressiva vengono messi in scena personaggi del circo, del teatro, ed ancora marionette, antiche foto, oggetti della memoria: tutti elementi di un decorativismo barocco, metafisico e surreale, di tipo felliniano. In altri piccoli quadretti, concepiti come piccole finestre che si aprono verso prospettive fantastiche della terra d’Abruzzo, si può intravedere la stessa sensibilità degli acquerelli di Folon oppure immaginare paesaggi orientali vicini alle inquadrature ed ai campi lunghi di Kurosawa. Da queste prospettive di paesaggi collinari, da queste visioni di sacre montagne, semi di piante ancora legati alla terra, come la fantasia dell’artista, si preparano a volare in alto nel cielo della poesia. Per questo grande senso scenografico e teatrale, per la calligrafia dei disegni vicina a quella di Paul Klee e simile a partiture musicali, questa mostra merita di essere visitata. In questo spazio della creatività, in queste infinite possibilità offerte dalla sperimentazione artistica, possiamo immergerci per conoscere e ritrovare territori mentali e culturali, troppo spesso ignorati dall’ottusa pigrizia di una società senza senso.

 

 

 

 

 

Enrico Sconci

 

 


piunti

Senza titolo

disegno su carta

Fuoco 2005

Pisano Pietro

Digital StillCamera

1999 – realizza un presepe a tutto tondo, commissionato dal comune di Roseto degli Abruzzi. Partecipa alla realizzazione di un presepe monumentale (quattro bassorilievi a muro per il “Nuovo millennio”) ha partecipato ai laboratori realizzati nell’ambito della manifestazione “Arte ed Artigianato nelle Botteghe del Parco”. 2000 – partecipa al concorso “Idee e progetti per una scuola che cambia” classificandosi secondo a Silvi Marina (TE). A novembre riceve un riconoscimento, per l’impegno profuso ed i risultati ottenuti nell’attività artistica, dalla Provincia di Teramo Politiche Giovanile su “La scuola chevogliamo” 2004 – partecipa alla collettiva “Leforme del mare” Pineto (TE) dal 2005 collabora con Piotr Hanzelewicz nella formazione “piotr V.S pietro”

 


Fuoco 2005

Fuoco

Scultura creta, legno, combustione

diametro 150 cm

2005

 

 

Contenitore di procedimenti alchemici di solidificazione

della terra e di riduzione e carbonizzazione del legno

 

Bruno Paglialonga

Paglialonga Bruno

Bruno paglieri tag

E’ nato a Foggi il 21/01/1941. Vive e lavora a Francavilla al Mare. Compiuti gli studi artistici ed accademici in Abruzzo, dal 1979 ha insegnato incisione e tecniche grafiche speciali presso l’Accademia di Belle Arti di Perugia. Ha esposto le sue opere in Italia, Belgio, Germania, Svizzera, Spagna, Olanda e Stati Uniti, ottenendo premi e riconoscimenti.

 


Bruno Paglialonga

Incisione

50 x 70 cm

 

DIPINTI E INCISIONI

Mostra personale di Bruno Paglialonga

14 Novembre – 15 Dicembre 1987

VEDI EVENTO
Michelangelo Pistoletto_quadri

Pistoletto Michelangelo

pistoletto

Nato a  Biella 1933, vive a San Sicario. Opera in termini concettuali sulla rappresentazione dinamica, la riflessività, l’energia, lo spazio e il tempo. Quando, 1961, Michelangelo Pistoletto iniziò ad usare superfici specchianti per i suoi quadri, nel percorso dell’arte contemporanea non sussisteva alcun spiraglio in cui affacciarsi per superare intensa passività dell’opera. La pittura era ancora una finestra cieca o, al massimo dopo Duchamp, un battente da stanza a stanza, in cui era impossibile entrare o si passava senza lasciare traccia. La sostanza delle superfici era pittorica e materica per imitare il mondo, ma negava l’influsso della presenza esterna. Con gli specchi di Pistoletto la reciprocità tra esistenza artistica e condizione di situazione viene invece affermata. Il rapporto non è più unidirezionale, ma dialettico. Riguarda la possibilità di interazione tra originale e copia, tra mimesi e realtà, tra istantanea ed istante, tra fissare e scorrere. Sulla superficie specchiante, occupate dalla figura riprodotta, possono infatti convivere tali polarità, che si ritrovano ora nella piacevole condizione di non stare più da sole. Istituendo una concreta relazione tra le due, Pistoletto ha rimosso l’indifferenza reciproca ed ha svegliato il piacere del dialogo. Caduta la neutralità che è assenza di desiderio, si è istituita tra il lavoro il suo partecipante la voluttà della vicinanza che spinge a vedere ed a vedersi, a godere dell’immagine altrui quanto della propria. Tutta via l’artista è conscio che l’ingordigia dello specchiarsi comporta la tentazione del narcisismo, per cui crea un ostacolo: la riproduzione fotografica di un momento reale già vissuto impedimento e taglio al piacere totale di sé. La sagoma ritagliata e sovrimposta sulla superficie specchiante è una ferita che interrompe la pelle speculare del corpo artistico, così da rimandare ad altro: a qualcosa di fissato e di scolpito nel tempo, distinguibile dal magma presente. Questa presenza serve a rivelare il divario tra percezioni, fa cogliere la differenza tra gli universi incommensurabili della visione fissata e scorsa, nell’oggi quanto nella storia. E se i due elementi, per un attimo, risultano omogenei, la parità vacilla quando il replicante – sia esso figura di schiena, una gazza e un’Annunciazione – nella sua immobilità e atemporalità taglia, fuori dello specchio o dentro di sé, l’immagine temporale e mobile di chi si riflette. Tuttavia anche se l’equivalenza pare costantemente minacciata, l’unità è affermata: empireo fantastico ed universo reale convivono. Quello che si vede mettere in discussione è allora lo scisma che li separa, come la supposta diversità tra immagine simulata ed immagine riflessa. Sono entrambe apparizioni che regnano nel e sul mondo dell’arte. A loro, dice Pistoletto, sia che vengono dalla finzione che dalla realtà, bisogna tributare apertamente il culto che esigono; e poiché la loro separazione è artificiale i loro incontri vanno sollecitati ed accentuati, per perpetuare la “religione dell’arte”. Ecco spiegate le ragioni del continuo e perseverante errare di Pistoletto dalle riflessioni sulle superficie specchianti agli idoli personali, “ oggetti in meno”, dai riti collettivi del teatro per strada agli inattesi innesti delle recenti sculture. La fonte della sua esistenza sta nella dialettica tra singolare e plurale, tra definito ed indefinito, tra pensiero e sogno, e in una condizione dell’agire artistico dove non si riconoscono le contrapposizioni, ma solo i tagli, le ferite e le interruzioni che tendono a creare. Fondamentalmente il suo lavora propone di prendere alle spalle le immagini, gli oggetti e gli esseri umani per convertirli ad una visione a trecentosessanta gradi, che accetta l’abisso della reciprocità, in cui l’alto è il basso, il sopra è il sotto, l’ordine è il disordine, l’ieri è oggi, il dietro è il davanti, il vero è il falso, la copia è l’originale. In questa prospettiva va assunta la presente pubblicazione, è in fatti una trappola che, scattando, trattiene ed imprigiona lo sguardo per convertirlo da spontaneo a riprodotto ed il corpo per trasformarlo in chimera e miraggio……

SITO WEB


Michelangelo Pistoletto_quadri

Tavole in fototipia
50 x 70 ogni foto
cartella di n. 4 foto specchianti

1981

 

I “GLI OCCHIALI E IL METRO

particolare di un’opera realizzata nel 1964 in velina dipinta su acciaio inossidabile lucidato a specchio

50 x 70 cm

 

II “MANI DI BIMBO

serigrafia su acciaio inossidabile lucidato a specchio, riproduzione di un’opera

50 x 70 cm

 

III “MANO CON SPECCHIO

studio per un lavoro da realizzare in serigrafia su acciaio inossidabile lucidato a specchio

50 x 70 cm

 

IV “IL BRACCIO

velina dipinta su acciaio inossidabile lucidato a specchio, particolare della “Annunciazione” realizzata nel 1968

50 x 70 cm