Cicino-Validoro

Validoro Gioacchino Cicino

Nato a Paganica (AQ) nel 1934. Trasferitosi con la famiglia nel 1936, è sempre vissuto a Roma, ad eccezione di alcuni anni dell’infanzia trascorsi a Paganica, durante la seconda guerra mondiale e fino al 1947. Compiuti gli studi in Roma al Liceo Artistico, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti, diplomandosi nel 1958 in Scenografia con una tesi su Oskar Schlemmer. Ha insegnato alcuni armi Storia dell’arte, poi, assunto dalla Soprintendenza Archeologica dell’Etruria, vi ha lavorato come grafico. Ha realizzato numerose scenografie teatrali, ha esposto in Italia ed all’estero, in mostre di pittura personali e collettive, ha collaborato con riviste d’arte e di letteratura. Convinto assertore dell’arte sociale, affascinato dagli esiti del Bauhaus, ha indirizzato le sue ricerche sulla simbolizzazione della forma e sulla duplicazione, con risultati d’assoluta rilevanza. Ha operato nel suo atelier d’artista, a Piazza del Gesù in Roma, fino al giorno della sua prematura scomparsa nel 1982. Il corpus della sua produzione artistica, costituito da oli, matite, tecniche varie, acrilici, è integrato da testi di poesia e numerosi scritti critici, a testimonianza della sua versatilità. Cinque le raccolte di poesia pubblicate per i tipi dell’editore Gabrieli. Numerosi i riconoscimenti al pittore ed al poeta. Pubblicazioni e cataloghi d’arte riportano vita ed opere dell’Artista.

 


Cicino-Validoro

Donna III

olio su tela

60 x 120 cm

1967

 

 

Tadini Emilio_senza titolo_litografia 12-100_24x35cm

Tadini Emilio

fondazione_pini_quadrotti_f

Milano 5 giugno 1927-Milano 25 settembre 2002

È stato uno scrittore, un pittore, un critico d’arte, un poeta, un drammaturgo, un giornalista (della carta stampata e della televisione), un intellettuale civilmente impegnato.

Nasce a Milano il 5 giugno del 1927. Rimane orfano di madre a 6 anni e pochi anni dopo anche del padre per un incidente stradale. Vive la sua giovinezza prevalentemente accudito e accompagnato nella sua crescita dalla zia e dalla nonna. Con suo fratello eredita la tipografia e Casa Editrice Grafiche Marucelli acquistata dal nonno in via Jommelli, 24. In quella palazzina su due piani, sfiorata dai bombardamenti durante la Seconda guerra mondiale tra il quartiere Casoretto e piazzale Loreto, vivrà poi tutto il resto della sua vita. È cresciuto tra l’odore degli inchiostri, nella piccola impresa di famiglia dove venivano stampati i primi giornali economici: l’Esercente e il Corriere Agricolo, poi schiacciati dalla concorrenza di nuove testate economiche come Il Sole 24 Ore. Quest’attività fu poi seguita dal fratello Gianni, mentre Emilio ereditò dal padre la passione per la scrittura a cui dovette rinunciare per ragioni economiche e vi si dedicò da giovanissimo.

Accanto al suo amore per la scrittura si affianca negli anni ’50 l’amore per la pittura sviluppando un linguaggio pittorico molto autonomo a ricordare figure simboliche di quadri di Bosch. Su questo ciclo di pittura per lo più inserito nella serie “Saggio sul Nazismo” (1960) la galleria Renzo Cortina di Milano dedicò nel 2008 un’ampia esposizione accompagnata da un catalogo.  Negli anni a seguire Tadini si avvicinò al realismo esistenziale e alla Pop Art” inglese. Fortemente influenzato dalla Pop art è “Il posto dei bambini” (1966). Di questo periodo è il ciclo “Vita di Voltaire” (1967). La sua prima esposizione personale è del 1961 alla Galleria del Cavallino di Venezia e il suo primo collezionista è stato il pittore Trancredi. Ma l’inizio della sua ascesa artistica avviene con la partecipazione alla collettiva presso lo Studio Marconi nel 1965, della quale fecero parte anche altri tre grandi: Mario Schifano, Valerio Adami e Lucio Del Pezzo. Fin dagli esordi, Tadini sviluppa la propria pittura per grandi cicli, costruendo il quadro secondo una tecnica di sovrapposizione di piani temporali in cui ricordo e realtà, tragico e comico, giocano di continuo uno contro l’altro. Seguì il ciclo “L’uomo dell’organizzazione” (1968), Color & Co del 1969, Viaggio in Italia 1970, Paesaggio di Malevic 1971, Archeologia 1972, Magazine Réunis 1973, Museo dell’Uomo, 1974 e Disordine in corpo classico 1981. Nel 1978 e nel 1982 viene invitato alla Biennale di Venezia

Nel 1986 organizza un’importante esposizione alla Rotonda della Besana Milano dove espone una serie di tele che preannunciano il ciclo dei “Profughi” e quello dedicato alle “Città italiane”, poi presentato nel 1988 alla Tour Fromage di Aosta. Nel 1990 espone allo Studio Marconi una serie di grandi trittici. Del 1992 è la serie Oltremare alla Galerie du Centre di Parigi. Nel 1995 alla Villa delle Rose di Bologna vengono presentati otto grandi trittici de “Il ballo dei filosofi”. A partire dall’autunno 1995 fino all’ estate 1996 una grande mostra antologica e itinerante ha avuto luogo in Germania nei musei di Stralsund, Bochum e Darmstadt accompagnata da una monografia a cura di A.C.Quintavalle. Nel 1996 la mostra de “Il ballo dei filosofi” viene presentata alla galleria Giò Marconi. Nel 1997 espone presso la Galerie Karin Fesel a Düsseldorf, la Galerie Georges Fall a Parigi e il Museo di Castelvecchio a Verona. Gli ultimi cicli dipinti sono quelli delle “Nature morte” e delle “Fiabe che nel 1999 sono presentate alla Die Galerie di Francoforte. Nel 2001 la città di Milano gli rende omaggio con una mostra antologica Emilio Tadini: Opere 1959/2000Palazzo Reale. Del 2001 è la celebre sede di Palazzo Reale a Milano ad ospitare l’ultima mostra antologica a lui dedicata, all’interno della quale esponenti del mondo della cultura quali Umberto Eco, Arturo Carlo Quintavalle, Alan Jouffroy gli hanno reso l’ultimo omaggio.

Nell’arco della sua carriera pittorica lo invitano a realizzare esposizioni personali a Parigi, Stoccolma, Bruxelles, Londra, Anversa, Stati Uniti e Sudamerica, sia in gallerie private che presso istituzioni pubbliche e Musei.

Dopo la sua morte (2002) dal 24 al 25 settembre 2004, presso il Palazzo Reale di Milano, Fondazione Corriere della Sera organizza il convegno Le figure, le cose a cui partecipano personaggi di spicco della cultura, dell’arte, del giornalismo come Ferruccio de Bortoli, Umberto Eco, Paolo Fabbri, Arturo Carlo Quintavalle, Valerio Adami.

 

 

 

SITO WEB

 


Tadini Emilio_senza titolo_litografia 12-100_24x35cm

Senza titolo

litografia 12-100

24 x 35 cm

 

Turcato

Turcato Giulio

giulioturcato06

Nasce a Mantova il 16 marzo 1912 da Carlo Turcato, Commissario del Regio Deposito dei Monopoli di Sali e Tabacchi, e Margherita Sartorelli. Nel 1920 si trasferisce con la famiglia a Venezia, dove segue saltuariamente l’Accademia o piuttosto la scuola del nudo, perchÈ la famiglia lo osteggiò sempre nella sua scelta artistica.
Nel 1934, durante il servizio militare a Palermo, avverte i primi sintomi di una malattia polmonare che segnerà gran parte della sua esistenza. Nello stesso anno, risulta presente alla IV Mostra dell’Artigianato, nell’ambito del gruppo di artisti veneti selezionati dall’ENPI. Nel 1937 si stabilisce a Milano, dove, ammalatosi spesso, passa per vari ospedali, riuscendo comunque a realizzare delle prospettive architettoniche per l’architetto Muzio di Milano, ad allestire la sua prima mostra personale e ad entrare in contatto con il Gruppo di Corrente senza aderirvi.
Negli anni 1942-43 insegna disegno in una scuola di avviamento professionale a Portogruaro ed esordisce alla XXIII Biennale con l’opera Maternità. Attilio Podestà commenta: “Nel concorso per opere ispirate al momento attuale è da notarsi ancora: la Maternità di Turcato, che si richiama al Birolli”. Si reca saltuariamente a Milano in compagnia di Emilio Vedova.
Nel 1943 giunge a Roma, dove partecipa alla IV Quadriennale e ad una mostra alla Galleria dello Zodiaco, insieme a Vedova, Donnini, Purificato, Leoncillo, Valenti e Scialoja. Nello stesso anno, ancora una personale alla “Campana”, e quindi l’inizio di un nuovo capitolo della vita e dell’arte di Turcato: la sua partecipazione alla Resistenza, e dopo la Liberazione, il definitivo trasferimento in città. A partire da questo momento, la sua attività artistica si lega strettamente all’impegno sociale e politico, culminato nell’iscrizione al Partito Comunista Italiano.

Nel 1945 la casa editrice Sandron (Roma) licenzia il volume Interviste di frodo, in cui Marcello Venturoli, annotando alcuni momenti della vita artistica romana, parla anche di Turcato, tracciandone un personale ritratto. Nello stesso anno aderisce alla “Libera Associazione Arti Figurative” e all'”Art Club” di Prampolini e Jarema, concorrendo a gran parte delle iniziative espositive dell’associazione, in Italia e all’estero. 
In occasione di una mostra alla Galleria del Secolo di Roma sottoscrive insieme a Corpora, Fazzini, Guttuso e Monachesi un Manifesto del Neocubismo, divulgato da “La Fiera Letteraria” nel 1947. 
Alla fine dell’anno si reca a Parigi con Accardi, Attardi, Consagra, Maugeri, Sanfilippo e Vespignani, restando fortemente impressionato dal lavoro di Magnelli, Picasso e Kandinkij. 
Il 15 marzo 1947 firma a Roma con Accardi, Attardi, Consagra, Dorazio, Guerrini, Perilli e Sanfilippo (insieme ai quali frequenta lo studio di Guttuso in via Margutta) il manifesto Forma, pubblicato in aprile nel primo ed unico numero della rivista “Forma”, ove appare anche il suo articolo Crisi della pittura. 
Nell’estate dello stesso anno partecipa alla prima mostra del “Fronte Nuovo delle Arti” alla Galleria Spiga: l’esposizione costituisce la sua adesione ufficiale al movimento. In ottobre espone con Consagra, Dorazio, Guerrini e Perilli all’Art club di Roma: la mostra è considerata l’uscita ufficiale di Forma. Con lo stesso gruppo ed il critico Guglielmo Peyrce redige, in novembre, il giornale murale Da Cagli a Cagli per protestare contro il testo di Antonello Trombadori pubblicato nel catalogo della mostra di Corrado Cagli alla Galleria La Palma di Roma.
Numerosi episodi caratterizzano la sua vicenda biografica nel 1948: compie viaggi a Milano e Venezia, in Polonia, e partecipa alla V Quadriennale di Roma e alla Biennale di Venezia.
Nel 1949 tiene numerose personali a Milano, Roma e Torino ed il suo dipinto Rivolta (1948) entra a far parte della collezione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.
Nel 1950 soggiorna di nuovo a Parigi, dove ha modo di conoscere Manassier, Pignon e Michel Seuphor. Con opere ispirate a tematiche sociali partecipa alla Biennale di Venezia. L’anno seguente concorre al Premio Taranto ed il suo Piccolo Porto entra a far parte delle collezioni del palazzo del Quirinale. 
Nel 1952, con Afro, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti, Santomaso, Vedova, entra a far parte del “Gruppo degli Otto”, promosso da Lionello Venturi, col quale espone alla Biennale di Venezia. Tiene una personale alla Cassapanca di Roma (11 dipinti), accompagnato in catalogo da un testo di Enrico Prampolini. Partecipa ad una collettiva dedicata al disegno itinerante negli Stati Uniti.

Diviene assistente alla Cattedra di Figura al Liceo Artistico di Roma nel 1953 ed ha una personale al Naviglio di Milano ed interviene al dibattito sul tema Arte Moderna e Tradizione aperto sulle pagine di “Realismo” nel mese di febbraio. Torna alla XXVII Biennale di Venezia con un intenso scritto di Emilio Villa che appare su “Arti Visive”. 
Nel 1955 Carrieri parla di Turcato nel volume Pittura e scultura d’avanguardia in Italia. Espone alla Quadriennale Romana (la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma acquista un suo Reticolo). 
Nel 1956 compie un viaggio in estremo oriente passando per Mosca fino a giungere in Cina, dove in giugno espone insieme a Sassu, Tettamanti, Zancanaro, Raphael e Fabbri alla mostra Cinque Pittori italiani in Cina. Notevole è, nel corso del ’57, l’interesse da parte della critica per il suo lavoro e nel ’58 la Biennale di Venezia ordina una sua sala personale, comprendente undici lavori introdotti in catalogo da Palma Bucarelli.
Nel 1959 Giulio Carlo Argan e Nello Ponente considerano il suo lavoro in Arte dopo il 1945 ed è presente alla seconda edizione di Documenta a Kassel. Insieme ad altri artisti decide di non partecipare alla Quadriennale romana per protestare contro l’organizzazione e gli organi direttivi che la presiedono e, durante un’intervista, spiega i motivi della sua decisione. Firma un articolo intitolato Conformismo: pigrizia mentale, apparso nel mese di maggio sulle pagine di “Arte Oggi”, in cui parla delle posizioni assunte dalla pittura contemporanea.
A partire dal 1960 espone con Novelli, Perilli, Dorazio, Consagra, Bemporad, Giò e Arnaldo Pomodoro nell’ambito delle rassegne intitolate Continuità, promosse in diverse gallerie italiane da Giulio Carlo Argan. 
Nel ’60 ha una mostra insieme ad Ajmone e Dova alla Bottega d’Arte di Livorno, ed un suo scritto appare nel volume Crack. Due personali, una alla New Vision Centre Gallery di Londra ed un’altra al Canale di Venezia, si svolgono nel corso del ’62, durante il quale Gillo Dorfles parla del suo lavoro nel libro dedicato alle Ultime tendenze nell’arte d’oggi.
Nel 1963 Emilio Villa torna ad occuparsi di lui presentandone la personale alla Tartaruga di Roma. Stipula inoltre insieme a Dorazio, un contratto con la Galleria Marlborough di Roma e festeggia l’avvenimento regalandosi un viaggio a New York come semplice turista.

Nel 1964 si unisce in matrimonio con la cineasta romana Vana Caruso, espone alla Scaletta di Catania ed al Segno di Roma.
L’anno dopo partecipa alla Quadriennale di Roma vincendo il premio della Presidenza del Consiglio, ed è convocato per la prima rassegna celebrativa dedicata a Forma 1. 
Nel 1966 Maurizio Calvesi ne “Le due avanguardie” e Maurizio Fagiolo in “Rapporto 60” parlano della sua pittura, mentre Nello Ponente cura il testo che accompagna la sua sala personale alla Biennale di Venezia, in cui compaiono, tra le 13 opere esposte, diverse gommapiuma.
Nel 1969 è a Francoforte, dove, in occasione di una personale alla Main Galerie D.I.V., Werner Haftamann ripercorre alcune tappe della sua carriera artistica nel corso di una conferenza. 
Negli anni settanta la sua attività espositiva si intensifica: ha personali da Boni Schubert a Lugano e da Grafica Romero a Roma; nel ’72 ha una sala personale alla Biennale di Venezia. 
S’avvia, al contempo, quel processo di “storicizzazione” della sua opera inaugurato idealmente dalla monografia Giulio Turcato che Giorgio de Marchis licenzia nel 1971, la prima in assoluto nella bibliografia dell’artista.
Nel 1973 la città di Spoleto gli dedica una prima mostra antologica, curata da Giovanni Carandente, seguita a distanza di un anno da un’altra, più vasta, al Palazzo delle Esposizioni di Roma.
Il 24 febbraio 1984 si inaugura presso il Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano la mostra Giulio Turcato. 
Partecipa alle rassegne storiche dedicate a Forma 1 a Bourg-en-Bresse e a Darmstad (1987).
È presente nuovamente alla Biennale di Venezia, ospitato nella sezione intitolata Opera Italiana (1993).
In seguito ad una crisi respiratoria, muore a Roma il 22 gennaio 1995.

 


Turcato

Senza titolo

serigrafia su carta 52/100

50 x 70 cm

 

Carmine Torincasa_scultura_legno carta e cera_23 x 84 cm_1985

Tornincasa Carmine

tornincasa

Nato a Montenero Valcocchiara (Isernia) nel 1962, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti a L’Aquila; vive e lavora a Padova.
Ai suoi esordi come scultore, nel 1988, realizza opere composte da un’anima di rete metallica rivestita di strati di carta macerata.
La sua prima mostra personale si svolge alla Galleria il Ponte di Roma nel 1989: in questa occasione presenta lavori realizzati con diversi materiali come ferro, cemento, gesso, marmo, legno. Già in questa mostra le sue opere si sviluppano e si dispongono nello spazio, e la sua scultura si avvicina al progetto architettonico nel tentativo di coinvolgere tutto lo spazio a disposizione. Obiettivo pienamente raggiunto nella mostra “Salire a piedi scalzi” (Perugia, 1992) dove lo spazio si fa architettura. Così spiega l’artista: “Volevo una struttura che trasformasse lo spazio concretamente, costringendo a una modalità di fruizione obbligata che sta nell’assumere un comportamento preciso: togliersi le scarpe e salire, attraversare questa superficie che ho voluto connotare in senso decisamente pittorico usando un colore catalizzante, emotivo, di forte impatto percettivo. ”
Nel 1989 ottiene il Premio Michetti. Tra le principali mostre collettive ricordiamo la sua partecipazione alla mostra “Arte a Roma 1980-89” (Roma, Galleria Rondanini, 1989), “Giovanni artisti III” (Roma, Palazzo delle Esposizioni, 1990), “Identity problems” (Termoli, Galleria Civica d’Arte Contemporanea, 1994), “Innovazioni nella scultura italiana 1980-1997” (Reggio Emilia, Musei Civici, 1997).

 

 


Carmine Torincasa_scultura_legno carta e cera_23 x 84 cm_1985

Senza titolo

scultura in legno, carta e cera

23 x 84 cm

1985

 

Senza titolo_tempera su carta_50,5x35cm_2009 bassa ris.

Tirelli Marco

Marco Tirelli
Roma, III/2009

Nasce nel 1956 a Roma, dove vive e lavora. 
Comincia a esporre già nella seconda metà degli anni settanta, e si segnala la sua prima partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1982, invitato da Tommaso Trini nella sezione “Aperto 82”, con una sala personale.
Seguono numerose mostre personali in Italia e all’estero, e partecipazioni alle Biennali internazionali tra cui la Biennale di San Paolo, la Biennale di Sydney e quella di Parigi; e mostre collettive, tra le quali quelle che si tengono presso la Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna, il Castello Colonna di Genazzano, e l’XI Quadriennale di Roma.
Gli anni novanta si aprono con la mostra all’American Academy di Roma, che pone in dialogo una serie di disegni di Tirelli con alcuni Wall Drawing di Sol LeWitt. Nel 1990 partecipa con una sala personale alla XLIV Biennale di Venezia. Sempre nello stesso anno la Galleria Civica di Modena dedica una mostra al disegno di Tirelli e nel 1992 una personale curata da Flaminio Gualdoni e Walter Guadagnini.
In questi anni, mantenendo lo studio a Roma, ne allestisce un altro nella campagna vicino Spoleto, dove vive per un lungo periodo.
Nel 2002 si tiene all’Institut Mathildenhoehe di Darmstadt un’importante mostra antologica dal titolo “Das Unversum der Geometrie”, presentata l’anno successivo alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, curata da Giorgio Verzotti.
Sue opere sono in numerose collezioni di musei internazionali ove ha anche esposto.
Tra le altre principali mostre personali e collettive: 1979 personale alla Bernier Gallery di Atene; 1984 Galleria L’Attico (dove espone anche nel 1985 e nel 1989); 1985 Annina Nosei, New York (anche nel 1986 e nel 1989); 1989 Galleria Skulima, Berlino; 1991 Galleria Triebold, Basilea e Cellar Gallery, Tokyo; 1992 Galleria Gian Ferrari, Milano; 1995 Otto Gallery, Bologna (e presente a più riprese con mostre personali negli anni successivi), e Galerie Di Meo, Parigi (anche nel 2001 e nel 2006); 1996 Base Gallery, Tokyo (anche nel 2000); 1998 Galleria dello Scudo, Verona; 2003 Galleria Fumagalli, Bergamo, e Galleria Marilena Bonomo, Bari; 2006 Kro Art Gallery, Vienna; 2007 “San Lorenzo” Villa Medici, Roma; 2008 Studio Trisorio, Napoli, e Galleria Antonella Cattani, Bolzano (per Manifesta7).
Le mostre più recenti: nel 2009 “Italia Contemporanea. Officina San Lorenzo” MART, (Museo di Arte Contemporanea di Trento e Rovereto), Rovereto; “ExCelle” con Anselm Kiefer, Fattoria di Celle – Collezione Gori, Pistoia. Nel 2010 Anteprima dei nuovi spazi presso il MACRO, Museo di Arte Contemporanea di Roma; le personali presso Oredaria Arti Contemporanee a Roma, Palazzo Fortuny a Venezia, e Galleria Hans Strelow a Dusseldorf. Partecipa alla mostra “Spazio. Dalle collezioni di arte e architettura del MAXXI”, Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo, Roma, e all’esposizione della collezione della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma. Attualmente è presente nella mostra “TRA – Edge of Becoming”, in corso presso Palazzo Fortuny, Venezia.

SITO WEB

 

 


Senza titolo_tempera su carta_50,5x35cm_2009 bassa ris.

Senza titolo

Tempera su carta

50,5 x 35 cm

2009

 

 

 

 

L’opera è stata gentilmente donata dall’artista al MUSPAC, per la ricostituzione

della collezione permanente, gravemente danneggiata dal sisma del 6 aprile 2009