30 Marzo-20 Aprile 1985
L’altro paese: mostra di scultura di Silvano Servillo. Presentazione di G. Di Pietrantonio
E’ un buon camminatore, ma non come gli impressionisti che si alzavano presto, per raggiungere i luoghi in cui assistere al miracolo della luce atmosferica da imbrigliare nelle loro tele, ma come vagabondo della civiltà contemporanea che cerca tra i rifiuti il necessario per la sua esistenza. Per realizzare le sue opere infatti, egli si trascina, con una traiettoria casuale, fra gli scarti della società dei consumi, nel mondo dell’abbandono in cui trovare il materiale indispensabile per le sue opere. Si sarà capito, a questo punto, che i lavori di Servillo sono dei brandelli, esistenziali assemblati, degli scarti morti o orfani materiali di un mondo che non li vuole più, ma che per mano dell’artista riacquistano una nuova vita, una nuova funzione, una nuova ragione di esistere. Infatti le opere di questo artista sono fatte con legni rotti, vecchie porte, travi consumate, fili di ferro e plastica, carte e cappucci di comignoli, (l’artista è volato fin sopra i tetti, o il vento ha fatto uno scherzo alla ciminiera facendogli volare il cappello?) che messi insieme e colorati assumono le strane sembianze di figure impossibili, di architetture stilizzate, o di astratti giochi scultorei. In questi lavori ciò che colpisce è la sensazione di una totalità delle cose e delle azioni dell’uomo, perchè ci permettono di intravvedere, rovistando fra lo sporco dell’umanità, la possibilità di rigenerazione che l’arte può dare a quanto non sembra più utile. Così, sia se si tratta di un omaggio a Morandi, o di un’immagine architettonica, o di presenze astratte, Servillo realizza opere che sembrano nate dai giochi dei bambini, quando c’è ancora l’innocenza di costruirsi un mondo fantastico da sostituire a tutti gli effetti, al reale.
Giacinto di Pietrantonio