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ATTENDENDO SI CHIAMA SARAJIEVO Installazione del gruppo artistico “Deposito dei Segni”

14 Febbraio 1994

Nel mese di febbraio negli spazi del Centro Multimediale si è svolta l’installazione “Attendendo si chiama Sarajevo” del gruppo artistico “Deposito dei Segni”. Il dramma della guerra è stato il tema su cui è stata incentrata l’installazione che ha “segnato” lo spazio della galleria, ricreando l’atmosfera di un “interno” esistenziale, denso di lacerazioni: un terremoto interiore dello spirito umano. Sui muri brandelli di sacchi neri della spazzatura, riecheggianti la pittura informale dei sacchi di Burri, ricostruivano l’ambiente di una stanza rifugio con sculture sospese e collage sulle pareti composte da foto ed oggetti riferiti alla disastrata condizione umana. Lo spettatore si trovava realmente coinvolto in una sorta di psicodramma collettivo, immerso in uno spazio in cui i vari elementi dell’installazione costituivano un continuum di luci fioche, suoni-rumori, versi di animali (cani e balene), proiezioni, performance, video e filmati sul tema della guerra. Il tutto restituiva una serie di sensazioni miste di angoscia, dramma, solitudine, tensione, estraneamento. In questo senso l’intero avvenimento artistico sembrava avvicinarsi incredibilmente alla tragedia della guerra, che continua a consumarsi ininterrottamente alle porte di casa nostra. Su un lato della stanza si trovava opportunamente disposto un tavolo con oggetti: l’ufficio per il “Deposito dei Segni”, dove ogni visitatore poteva esprimersi creativamente lasciando dei messaggi. Per diversi giorni, nello spirito della multimedialità, all’interno dell’installazione si sono esibiti musicisti, performer, poeti, danzatori. Costituito da artisti con differente retroterra culturale, il gruppo “Deposito dei Segni” si propone con le proprie azioni la spersonalizzazione dell’arte tramite installazioni itineranti da creare nei vari contesti culturali. Molte opere vengono create collettivamente per sollecitare l’energia creativa di ogni individuo ed i temi trattati si riferiscono spesso alle varie forme di disagio umano. Nell’attività di questi giovani artisti molti sono i riferimenti culturali all’espressionismo tedesco ma anche alle neo-avanguardie degli anni ‘60 e ‘70, soprattutto al movimento “Fluxus”. Visto il grande successo che sono riusciti ad ottenere con questa iniziativa, anche per essere riusciti a coinvolgere creativamente, sui temi da loro trattati, molti giovani, ci auguriamo, in questo difficile momento che l’intera umanità sta attraversando, di poter mettere in pratica, insieme a loro e a tutti gli altri artisti che credono nell’attività svolta dal nostro centro, il messaggio lanciato da Majakovskij nella grande stagione dell’avanguardia russa: “facciamo delle piazze le nostre tavolozze e delle strade i nostri pennelli”.

Enrico Sconci

 

A T T E N D E N D O- si chiama Sarajevo

Il guerriero viaggia

SOLITARIO

non potrebbe vivere la sofferenza dei

suoi compagni

o del suo corpo torturato

ho bruciato le mie amanti

dice

in un fuoco fatuo fatto di spirito

intorno suonano inarrestabili flauti

il corpo del guerriero non esiste materialmente

come recuperare la memoria

rompendo spazio e tempo

pensa

costruire un supporto per i sogni che

ci immerga

sa

che i sogni contengono l’essenza dell’UOMO

riemergere

il dolore secolare

rintanato nelle angosce di tutti

ora è palpabile

ha un odore e un sapore

sanguigna

è fatto di carne e cervello

torture

morti bruciati

assassini

frettolose sepolture comuni

CORPI SCHIACCATI

sempre GUERRA senza FINE.

Jörg Grünert

Senza titolo 8

ALBERTO BURRI Proiezioni di film

10 Febbraio1994

Continua la serie di incontri sull’arte contemporanea presso il centro multimediale “Quarto di Santa Giusta”, questa volta si commenterà l’opera di Alberto Burri attraverso il video che documenta tutta l’opera della fondazione di Palazzo Albizzini a Città di Castello. Burri è stato più volte ospite nella nostra città, ma molti dei nostri politici e delle nostre istituzioni sembrano più interessati a sostenere mostre di bassissimo livello piuttosto che riflettere su quanto di qualitativamente valido è stato fatto e si sta facendo per far conoscere realmente l’arte contemporanea. Dove sono le scenografie firmate da Burri per “l’avventura di un povero cristiano” di Ignazio Silone? In che stato erano ridotte le due riconsegnate a Burri? Dove si trova la terza scenografia? Attendiamo i nuovi politici nella speranza che si sappia fare qualcosa di meglio per l’arte.

Senza titolo 8
Senza titolo 7

MARCEL DUCHAMP Proiezione di film e di vide d’arte

3 Febbraio 1994

Duchamp è stato un pittore e scultore francese, naturalizzato statunitense nel 1955. Considerato fra i più importanti e influenti del XX secolo, nella sua lunga attività si occupò di pittura (attraversando le correnti del fauvismo e del cubismo), fu animatore del dadaismo e del surrealismo, e diede poi inizio all’arte concettuale, ideando il ready-made e l’assemblaggio. Il ready-made è un comune manufatto di uso quotidiano (un attaccapanni, uno scolabottiglie, un orinatoio, ecc.) che assurge ad opera d’arte una volta prelevato dall’artista e posto così com’è in una situazione diversa da quella di utilizzo, che gli sarebbe propria. Il valore aggiunto dell’artista è l’operazione di scelta, o più propriamente di individuazione casuale dell’oggetto, di acquisizione e di isolamento dell’oggetto.

Senza titolo 7
Senza titolo 6

BIENNALE D’ARTE DI VENEZIA Video frammenti, da FUORI ORARIO di Enrico Ghezzi. Storia della Biennale d’Arte

27 Gennaio 1994

La Biennale di Venezia nacque con una delibera dell’Amministrazione comunale del 19 aprile 1893, in cui si propose di “istituire una Esposizione biennale artistica nazionale” nell’anno successivo, per celebrare le nozze d’argento del re Umberto e Margherita di Savoia. L’effettiva inaugurazione della manifestazione si ebbe due anni dopo, il 30 aprile del 1895. Le prime Biennali seguirono in genere le tendenze d’allestimento e d’arredo dei salons o delle pinacoteche, con riformulazioni del tema neoclassico del Museo. Dal 1901 vennero studiate soluzioni più adeguate per la collocazione delle opere in mostra, principalmente nel grande e disorganico Padiglione centrale. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la Biennale riprese il discorso dall’Impressionismo francese, proposto da Roberto Longhi in una memorabile rassegna. La XXIV Biennale, quella del 1948, fu contrassegnata dalla rivisitazione delle avanguardie, che fu resa possibile grazie anche all’impegno dei Padiglioni stranieri. Le Biennali degli anni Sessanta iniziarono con un crescendo di polemiche dovute al gran numero di artisti invitati, e a quello che veniva definito lo “strapotere della critica”, che imponeva mode e stili. Fu proprio la critica che, secondo molti, determinò l’affermazione del movimento informale alla Biennale del 1960: i Gran premi per la pittura vennero infatti assegnati ai francesi Fautrier e Hartung, nonché all’italiano Emilio Vedova. Per l’artista veneziano si trattava della consacrazione internazionale. Nell’edizione del 1964 ci fu l’avvento clamoroso della Pop Art americana, che ridiede vitalità alla Biennale. Il premio riservato a un artista straniero fu assegnato a Robert Rauschenberg, spostando la bilancia della ricerca pittorica dall’Europa agli Stati Uniti. La Pop Art a Venezia fu rappresentata anche da Jasper Johns, Jim Dine e Claes Oldenburg.

(dal sito www.labiennale.org)