CARMELO BENE

PER CARMELO BENE Mostra documentaria e serata multimediale

25 Gennaio 1996

Mostra documentaria e serata multimediale con la presenza di Carmelo Bene. Mostra di foto, libri, testi per il teatro e proiezioni di film.

 

Da molti viene considerato un affabulante ingannatore o un presuntuoso “massacratore” dei grandi testi; per altri Bene è stato uno dei più grandi attori del ‘900, e questo suo “variare” era un modo per andare contro corrente. La sua lotta era rivolta al dilagante naturalismo che, nell’arte in genere e soprattutto in teatro, si espanderà attraverso la drammaturgia borghese. Il suo era non solo uno schierarsi contro le classiche visioni del teatro e della drammaturgia, ma attraverso il suo genio egli rivendicava l’arte attoriale innalzando l’attore da mera maestranza (così definita da Silvio D’Amico) ad artista. Per Carmelo Bene il testo, poiché nato dalla penna di uno scrittore spesso avulso dal problema del linguaggio scenico, non può essere interpretato: esso deve necessariamente essere creato, o meglio ri-creato dall’attore. Carmelo Bene si scaglia contro il teatro di testo, per un teatro di differenza da lui definito “scrittura di scena”, un teatro del dire e non del detto, perché per lui il teatro del già detto non dice niente di nuovo, sarebbe un ripetere a memoria le parole di altri senza creatività, quello che Artaud, caro a Bene, definì un “teatro di invertiti, […] di Occidentali”. E’ l’attore che con la scrittura di scena produce teatro hic et nunc. Il testo è “spazzatura” nella scrittura di scena, perché lo spettacolo va visto nella sua totalità. Il testo ha lo stesso valore di altri elementi come le luci, le musiche, le quinte, ecc. Il teatro di testo, di immedesimazione, viene definito da Bene come un teatro cabarettistico. Gli attori che si calano in dei ruoli, che interpretano, sono per lui degli intrattenitori, degli imbonitori, dei “trovarobe”. Nel suo teatro, l’attore è l’Artefice. Bene rivendica la scrittura di scena, in cui il testo non viene più messo in risalto come nel teatro di testo, viene anzi martoriato, continuando un discorso iniziato da Artaud, che già aveva iniziato la distruzione del linguaggio, ma che per Bene fallì sulle scene, perché “cadde” nella interpretazione. Carmelo Bene distrugge l’Io (immedesimazione in un ruolo) sulla scena, a favore di un teatro del soggetto-attore alla quale superbia è affidata la scrittura di scena. Impossibile dimenticare le sue versioni di Amleto: mai nessuno aveva interpretato il testo di Shakespeare in quel modo. Amleto/Bene recitava le parti più importanti della pièce senza alcuna importanza, o addirittura, come nel caso “dell’essere o non essere”, la recita era rimandata ad un altro attore, che gli faceva da alter ego. Bene si contrappone al teatro del suo tempo (Teatro di Contraddizione). Verrà definito Attore Artifex, cioè attore artefice di tutto, quella che era la visione del <>. Ma Bene si definì con un neologismo degno di lui stesso come una potente e poderosa MACCHINA ATTORIALE: creatore e creato al tempo stesso, autore, regista, attore, scenografo, costumista.

 

Consultare il sito:
http://www.fondazionecarmelobene.it
http://www.museomuspac.com

Senza titolo

VARIAZIONI MINIME Mostra personale di Laura Palmieri

25 - 30 Gennaio 1996

Mostra di opere realizzate al computer da Laura Palmieri.

Presentazione in catalogo di Cecilia Casorati, incontro-dibattito con Cecilia Casorati e Laura Palmieri.

Il lavoro del critico è – dovrebbe essere – un lavoro di linguaggio. Le analisi – anche le più raffinate e profonde – hanno il limite della storia; in altre parole sono strette nel perimetro del tempo – relativo – dell’opera. La parola libera l’immagine dalla sua oggettualità, la trasporta forse soltanto per pochi attimi – accanto all’astrazione del pensiero, le toglie fisicità.

Le parole che “inventano la somiglianza” rifuggono la descrizione, aborriscono i codici pseudo­narrativi che ci permettono di immaginare – vedere? – l’opera; giocano con astuzia la parte del nomade in modo che le cose trovate “diventano in un certo senso le cose inventate”; procedono a passo lento permettendoci il piacere dell’osservazione.

 

Le “Variazioni minime” di Laura Palmieri sono un gioco di osservazione che sperimenta le nostre capacità percettive, ma soprattutto sono un lavoro di e sul linguaggio che, parafrasando Raymond Queneau, potremmo chiamare esercizio di stile.

Le “Variazioni minime” non hanno bisogno di alcun commento, sono un limite tra l’occhio e il linguaggio, richiedono esclusivamente l’attenzione dello sguardo ma non di meno – grazie ad un’affinità “procedurale” – si prestano ai giochi di parole.

Notazione: Le “Variazioni minime” di Laura Palmieri sono un gioco di osservazione che sperimenta le nostre capacità percettive.

Sogno: C’era soltanto un grande occhio che occupava tutta la parete della stanza. Di fronte dei piccoli fogli di carta. L’occhio si muoveva verso di loro e poi, all’improvviso, mi sono svegliato. Ode: Laura Palmieri/tra tanti mestieri/scelse di fare l’artista/e gioca con la vista. Con sottile attenzione/analizza la percezione ma il vero esperimento/è metter in mostra il cambiamento. Telegrafico: Laura Palmieri stop artista giovane stop decostruisce stop un’immagine stop mostrando stop le sue variazioni stop passo dopo passo stop.

Reazionario: Che tempi! Non capisco che cosa vogliano esprimere questi artisti contemporanei che si dannano ad utilizzare mezzi – come il computer – che non si addicono alla creazione. Per fortuna che c’è ancora qualcuno che dipinge dei bei paesaggi. lo, state sicuri, non mi faccio fregare da questi esperimenti visivi.

Comunicato stampa: Laura Palmieri è una giovane artista romana che lavora essenzialmente con la pittura in questa sua prima mostra personale, dal titolo “Variazioni minime”, presenta delle opere su carta, realizzate con l’ausilio del computer il cui intento principale è quello di mettere in scena alcune delle possibili variazioni dell’opera. Un esordio positivo e molto promettente.

Recensione: Questa mostra ci mette di fronte alle numerose variazioni dell’opera. Il nostro sguardo è catturato da quei cambiamenti quasi impercettibili in scritti nella forma monocroma che diviene lo specchio della nostra incapacità visiva. In un epoca in cui siamo dominati dalle immagini, tanto da non vederle quasi più, le opere di Laura Palmieri ci invitano a riflettere sul potere dello sguardo.

 

Cecilia Casorati

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Ruderi_di_Gibellina

I GIOVEDI DEL MUSEO SPERIMENTALE Alberto Burri, proiezioni video: “Il Museo di città di Castello” e “Il Cretto di Gibellina”

11 - 18 Gennaio 1996

Il Grande Cretto di Gibellina è una grande opera d’arte ambientale realizzata da Alberto Burri. È situato sull’area dove un tempo sorgeva l’abitato di Gibellina. Un violento terremoto colpisce la valle del Belice nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968, distruggendo completamente Gibellina. Di fronte all’impossibilità di ricostruire l’abitato sulle rovine, l’amministrazione cittadina decide di lasciare sul luogo una testimonianza della tragedia a perenne ricordo delle vittime e delle grandi sofferenze sopportate. L’incarico viene affidato ad Alberto Burri, che concepisce una versione amplificata dei suoi famosi Cretti.  La titanica impresa inizia nel 1985 e viene interrotta nel 1989.
Il Grande Cretto di Gibellina si presenta come un’enorme coltre di cemento bianco, che si dispiega sul fianco scosceso della montagna. Ha forma di un quadrilatero irregolare di circa 300×400 metri. Il suo aspetto ricorda un’immensa superficie ondulata, spaccata da profonde crepe e fenditure. L’effetto è dovuto alla sua particolare struttura a grandi blocchi di cemento, grosso modo quadrangolari, separati tra loro da profondi solchi. I blocchi misurano 10-20 metri di lato e sono alti circa 1,60 metri. I solchi misurano in larghezza circa 2-3 metri, e sono percorribili a piedi.
È fondamentale notare che il tracciato dei blocchi e delle fenditure ricalca sostanzialmente l’antico impianto viario, con i suoi isolati e le sue stradette. L’intenzione di Burri è stata, cioè, di restituire un’idea dell’antico abitato.
Il Grande Cretto di Gibellina è la più grande opera d’arte ambientale in Italia e una delle più importanti al mondo.
Nulla è comparabile per dimensioni e ricchezza di significati. Solo le immani sofferenze della gente del luogo riescono a far impallidire le sue proporzioni gigantesche. Sofferenze di cui, peraltro, l’opera di Burri costituisce il sacrario più emblematico. Visitando la Sicilia occidentale, farvi tappa è d’obbligo. Si consiglia di percorrere almeno in parte il tracciato delle strade, che si insinuano tra i blocchi. Solo così si percepisce pienamente quel senso di morte, che nasce dal ricordo della città distrutta.

 

www.artdreamguide.com

1 18.10.31

OSSERVATORIO DI CONFINE Mostra Internazionale d'Arte Contemporanea

04 - 30 Novembre 1995

Mostra Internazionale d’Arte Contemporanea a cura di Gabriella Dalesio. Artisti: M.Albanese, E. Corsini, A.De Manes, H. Eigenmann, T. Ferro, R. Giacomello, P. Humeres, Karpuseeler, R. Mambor, F.Martera, L.Patella, R.Rinn. T. Trevisiol – Partecipazione alla manifestazione del Maestro R. Laneri . Concerto “memories of the rain -forest” per canto armonico e altro. Multivisione di Alberto Tessore.

artisti: M.Albanese, E.Corsini, A.De Manes, H. Eigenmann, T.Ferro, R.Giacomello, P.Humeres, Karpuseeler, R. Mambor, F. Martera, L. Patella, R. Rinn, T. Trevisiol.

Si inaugura dal 14 al 30 novembre alle ore 17.00 al Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea dell’Aquila la mostra “Osservatorio di Confine” a cura di Gabriella Dalesio. E’ questa la seconda tappa di un itinerario espositivo iniziato nel luglio di quest’anno nel cinquecentesco Palazzo della Corgna di Città della Pieve e nell’antico sito etrusco di Chiusi. Programma Ore 17.00 Presentazione del video Osservatorio di Confine ore 17.30. Incontro sul tema della mostra tra gli artisti e con i critici: Giorgio Bonomi curatore del CERP (Centro Espositivo della Rocca Paolina) della Provincia di Perugia, Vittoria Coen, Gabriella De Marco, Antonio Gasbarrini Ada Lombardi, Walter Tortoreto (musicologo).

Coordinamento: Gabriella Dalesio ore 21.00 Concerto di Roberto Laneri (voce) “MEMORIES OF THE RAIN FOREST” per canto armonico e altro. Multivisione di Alberto Tessore. Sul tema dell’ “osservatorio” prosegue un percorso progetto iniziato l’anno scorso quale “Osservatorio singolare” nelle cittadine umbre di Città della Pieve e Perugia. Quest’anno è la trasformazione del concetto di “confine” ad offrirsi alla riflessione quale dialogo tra differenze riferito oltre alle arti visive, alla filosofia, l’architettura e la musica.

In catalogo testi del filosofo e sociologo Alessandro Dal Lago e del gruppo di architetti “Studio n!”. Per l’ambito musicale si è privilegiata la ricerca relativa alle tecniche vocali. All’interno di essa l’intervento documentato nel video “Osservatorio di confine” della soprano giapponese Micbiko Hirayama, nota esponente dell’avanguardia musicale internazionale che a Città della Pieve si è esibita con brani da “I canti del Capricorno”, musica di Giacinto Scelsi (si ringrazia in proposito la Fondazione Scelsi ); all’Aquila si esibirà il compositore e strumentista Roberto Laneri, uno dei pioneri e maggiori esponenti del Canto Armonico. Laneri ha lavorato ad una sintesi personale nella quale rivivono le sue molteplici esperienze (musica classica, europea, afro americana, extraeuropea). Con lui l’artista multimediale Alberto Tessore. Gli artisti visivi invitati sono stati scelti per la commistione nei loro lavori di linguaggi diversi, dal video alla fotografia come nei lavori di Marisa Albanese, Rivka Rinn, Roberto Giacomello o nella caratteristica ricerca degli artisti storici Luca Patella, e Renato Mambor (uno dei rappresentanti della Pop italiana). Particolare è l’arte antropologica di Toni Ferro, quella poetico installativa della cilena Paulina Humeres o delle scenografie di Tiziano Trevisiol; inoltre le pitture in nero fumo di Adriana De Manes, le sculture di Elisa Corsini, le installazioni nello spazio dell’architetto artista Franco Martera. Singolari sono le opere che danno corpo alla voce e ai silenzi di Karpuseeler e le installazioni con l’acqua dell’artista fisico Helmut Heigenmann.

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