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IERONIMO PICO FONTICULANO E LA CULTURA SCIENTIFICA DEL SUO TEMPO Manifestazioni per il IV centenario della morte di Pico Fonticulano

22 Agosto - 15 Settembre 1996

Manifestazioni per il IV centenario della morte di Pico Fonticulano, matematico, architetto, scrittore del rinascimento italiano. Convento di S.Francesco di Fontecchio Mostra documentaria.

 

Ieronimo Pico Fonticulano dal trattato “Geometria” e pianta dell’Aquila (1575) da lui disegnata

 

Girolamo Pico Fonticulano nasce a Fontecchio nel 1541. All’età di trentuno anni (nel 1572) riceve dalla Municipalità aquilana l’incarico per la redazione del progetto e di completo rifacimento e ampliamento del Palazzo del Capitano (attuale sede del Comune in Piazza Palazzo), come residenza della governatrice Margherita d’Austria. Nel 1573 cura la sistemazione di Via Cimino e Costa Masciarelli tra Porta Bazzano e Piazza Duomo. Progetta secondo il Leosini (Monumenti…1848), il campanile e la sagrestia della cattedrale di S. Massimo. Il Dragonetti ne “Le vite degli illustri Aquilani” (1847) gli attribuisce anche l’ “Albero genealogico della Famiglia Orsini”. E il Massonio (1621) riferisce di una opera idraulica “…una bellissima fabrica di pietre vive, quadrate, grosse, innante al Ponte…”nei pressi di Antrodoco, “invenzione di Girolamo Pico dell’Aquila”. Redige nel 1581 la pianta in vista prospettica dell’Aquila che viene inviata a Roma per essere dipinta dal Danti nella Galleria delle carte Geografiche in Vaticano. Nel 1582 pubblica la “Breve descrittione di sette città illustri d’Italia”, e cioè Napoli, Roma, Venezia, Firenze, Milano, L’Aquila, Bologna. Nel 1597 il fratello cura la pubblicazione postuma del trattato della Geometria. Infatti Girolamo Pico Fonticulano muore a Napoli il 6
dicembre del 1596. Presso la Biblioteca Provinciale dell’ Aquila è conservato il suo manoscritto che ricomprende i testi poi pubblicati della Geometria e della Breve descrittione… Quest’ultima, in parte diversa dall’edizione a stampa, contiene anche due piante delle città di Napoli e dell’Aquila.

 

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L’ARTE POVERA ITALIANA Kounellis, Paolini, Merz, Mattiacci, Calzolari, Zorio

01 – 13 Luglio 1996


Il 1 luglio presso i locali del Museo sperimentale d’Arte contemporanea è stata inaugurata la mostra dal titolo “L’arte povera italiana”. Sono state esposte opere di Kounellis, Paolini, Pistoletto, Merz, Mattiacci, Calzolari e Zorio. L’arte povera è “una sorta di condizione in cui si sperimenta il vivere”. In effetti gli artisti che adottano questo tipo particolare di espressione artistica rinunciano al ruolo di “Vate” rifiutando la funzione didascalica dell’arte non più vista come apportatrice di valori, come forza ricca di intenti “sociali” e come mera rappresentazione o descrizione della natura. L’arte è per loro solo l’aspirazione alla “dilatazione della sfera del sensibile, prova di esistenza contingente e precaria”. Le loro creazioni, spesso senza nome (senza identità), sono frutto e causa insieme della scoperta di sé: attraverso la scoperta e la presentazione del valore magico degli elementi naturali, gli artisti si rappresentano. Il loro rapporto col mondo non avviene più attraverso le immagini-veicoli di idee e di cose-strumenti di insegnamento, ma con le immagini e con le cose. L’immedesimazione con la cosa e con la materia è totale ed intima, sino a far sì che esse diventino vere propaggini di sé, del proprio corpo e della propria anima. Così come sentono e agiscono l’arte, gli artisti vivono ed agiscono la realtà, in una sorta di balletto elementare e spontaneo senza più costruzioni e sovrastrutture intellettualistiche.

Luigi Pagano mentre allestisce la mostra

DEI CORPI LA PITTURA Mostra personale di Luigi Pagano

13 - 27 Giugno

Mostra personale, presentazione di Enrico Crispolti.

 

L’artista campano presenta in questa mostra l’ultima sua produzione. La ricerca parte dai primi anni ‘80 ed è aperta al rapporto tra natura e corpo. Dai primi catrami bui e densi di materia pittorica approda alle opere più recenti in cui il dialogo spazio-tempo di una materia di oli, cera e carbone, tende ad una dimensione dell’opera come evento e catarsi della visione. Dalle sue opere sembra emergere un messaggio: il vecchio e continuo dibattersi dell’uomo tra vita e morte,
tra sacro e profano, tra religione e superstizione, empasse mai definitivamente risolta, fonte di inquietudine ed incertezza. Sono decisamente questi i sentimenti principali che si captano, provandoli al contempo, osservando le tele di Pagano che è costantemente in attesa di un evento incombente, misterioso e grave. Dice: ” prima pensavo che esistesse una natura in cui poter vivere bene, ora invece sto a mano a mano traendo le conseguenze drammatiche di una sua sostanziale perdita”. Visione problematica e ammonitoria non solo a livello estetico ma esistenziale. Per l’occasione le sale del museo, prima fatiscenti, sono state risistemate.

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BIRGIT RAVNKILDE Lo spazio è tutto un unico spazio

06 - 30 Giugno 1996

Mostra personale, presentazione in catalogo di Cecilia Casorati, Gabriella Dalesio, Enrico Sconci.

 

ARTE COME VALORE DI SCAMBIO PER UN’UNITÀ CULTURALE EUROPEA

L’apertura del museo ad artisti stranieri, in particolare europei, è frutto di scelte fondamentali portate avanti nel corso di vari anni di attività dalla nostra associazione, ed ora più compiutamente dal Museo Sperimentale: proponiamo, in un mondo disaggregato per motivi economici, politici, geografici, religiosi e morali, un rapporto pacifico e costante fra intellettuali e studiosi di varie ispirazioni e nazionalità in nome dell’arte, unico strumento rimasto agli uomini per superare le barriere ideologiche e restare uniti contro ogni tipo di violenza. Crediamo, cioè, che esista una concezione unitaria del sapere su cui si colloca l’esperienza artistica, che significa anche unità nel rispetto delle diverse e reciproche forme di cultura, le quali possono arricchirsi solo aprendosi l’una all’altra senza negare le singole identità.
Auspichiamo per questo uno sviluppo della cultura che non intenda più dare risposte geograficamente e territorialmente circoscritte, ma che sappia ridefinire una geografia dei luoghi ed avere una visione più complessa della storia, restituendo all’arte la possibilità di ridivenire, come in un nuovo umanesimo, quel grande valore di scambio di energie creative necessarie al superamento di tutte le pressioni tragiche e distruttive. L’arte, quindi, come un corpo vivo, una realtà in continuo movimento, grande strumento di rinascita e speranza vitale per poter guardare con un respiro internazionale ad una Europa unita. È con questo spirito che abbiamo accolto negli spazi del Museo la mostra di Birgit Ravnkilde, per promuovere cioè un positivo intreccio di nuovi rapporti tra le diverse forme di conoscenza e sperimentazione artistica. Non a caso nella sua opera si avvertono riferimenti a quella linea dell’arte europea che, come reazione alla crisi del funzionalismo, parte dell’espressionismo astratto ed arriva fino all’informale. La Ravnkilde crea una pittura dinamica con l’espressione vibrante di colori accesi, all’interno di leggere e taglienti forme geometriche che decostruiscono e disarticolano la composizione statica della superficie passiva del quadro.
Queste schegge di forme, colori e luce sono brani di vitalità, esprimono la volontà di costruire un ambiente trascendentale che avvolge lo spettatore in un’architettura fantastica. Con la creazione di uno spazio coloristico-luminoso l’artista intende sfuggire alla “chiusura”, con pulsioni interne che si irradiano verso infinite traiettorie per realizzare, con la disponibilità illimitata della materia pittorica, una esistenza allo stato puro: una propria condizione dell’essere nel mondo.

 

Enrico Sconci