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DISTANZE EMOZIONALI E CROMATICHE Piero Mottola presenta i risultati degli incontri dei seminari musicali tenuti presso il Museo Sperimentale

7 Maggio 1997

“Distanze emozionali e cromatiche” è un sistema a dieci emozioni – paura, angoscia, collera, agitazione, tristezza, eccitazione, stupore, piacere, calma, gioia – costruito misurando l’attivazione emozionale di ognuno dei rumori del campionario. Per ognuno degli stimoli acustici fissata l’emozione che riceve più voti si ottiene la distanza dalle altre nove emozioni osservando la differenza di preferenze. La somma di informazioni accumulata per ogni stimolo permette di costruire uno spazio unidimensionale dove collocare le dieci emozioni secondo le distanze:

1= massima vicinanza emozionale;

9= massimo contrasto emozionale.

La croma caratterizzante ognuna delle dieci emozioni è il risultato dell’osservazione dell’attivazione emozionale di ognuno dei duecentosedici colori del campionario cromatico associati alle emozioni. Ognuna delle dieci emozioni diventa un attrattore di una o più zone cromatiche del campionario. Una media pesata ha permesso di individuare i toni maggiormente significativi per ognuna di esse.

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POESIA / RIGORE Anni settanta Mostra d’arte contemporanea

21 Aprile - 15 Maggio 1997

Mostra d’arte contemporanea con opere di Beuys, Calzolari, Ceroli, Chiari, Christo, De Dominicis, Kounellis, Maura, Merz, Paolini, Pisani, Pistoletto, Schifano. Presentazione di Mariano Apa.

 

Fermando il rumore può darsi che salga il Silenzio: si potrebbero interrompere le corse delle ferraglie, le puzze delle gomme, si può forse pulire il selciato davanti casa dei cocci di bottiglia caduti dal muro (…). .
E forse potremo ricominciare a volere interrogare l’ombra su l’invisibile Montaliano <> (…).
Si respira un desiderio, un bisogno, un sapore di primavera dal di dentro di questo inverno, c’e l’odore come di una tiepida e serena Domenica che faccia giustizia di tutti i calendari effimeri e indaffarati (…)… già Seurat ha descritto una «domenica pomeriggio a l’isola della Grande Jatte», e poi Merz «recentemente» ha scritto la sua « una domenica lunghissima dura approssimativamente dal 1966 e ora siamo al 1976».
La domenica è il tempo del riposo, del ringraziamento, dell’ozio, dei pensieri puliti nel vuoto pneumatico del tempo curvo in cui «tutto ritorna»; perchè, come «espose» Cintoli: «i nodi vengono al pettine» (…).
E questa mostra è un piccolo frammento di un grande desiderio: che possa riproporsi il tempo della capacità di stupirsi, di meravigliarsi ‑ anche soltanto per un paesaggio da treno ‑ ;
ristabilendo il valore della responsabilità nel <> che è « io forte», che è Luogo/Spazio dove la pratica artistica si costituisce equivalente di una epica coralità.

Mariano Apa

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C.D.O.S. Mostra collettiva d’Arte Contemporanea

27 Marzo - 15 Aprile 1997

C.D.O.S. è una sigla con un elemento di mistero, come tutte le sigle che vanno disvelate. In questo caso si tratta, solamente, delle iniziali dei cignomi dei quattro artisti che, su mio invito, hanno raccolto le loro opere per un tentativo di vedere insieme quattro frammenti di altrettante diverse storie per un imprevedibile mosaico che, comunque, attesta motivazioni ed esiti non omologhi fra loro.
Ciò non per puro capriccio ozioso, ma per sottolineare, in controtendenza, le ragioni di diverse modalità di ricerca individuale che, a mio parere, vanno rintracciate nella qualità del singolo autore, e della singola opera, nel senso del “come” e non del “cosa”. Sandra Clerico, Salvatore Dominelli, Andrea Orsini e Nicola Spezzano sono quattro artisti con storie, percorsi e obiettivi diversi, che, mi pare, attestino le proprie motivazioni in piena autonomia e con assoluta libertà di modi e di indirizzo.
A me sembrano delle realtà degne di attenzione e di rispetto, in un’epoca di appiattimenti e di conformismo che tutto has omologato e sterilizzato per una forma di squadrismo estetico che non porta da nessuna parte e impoverisce non solo la fantasia, ma le ragioni stesse di questa pratica di fare immagini.
Ho sempre creduto che contasse poco il gioco secondo il quale un artista, attestandosi a ridosso di una qualsivoglia frontiera estetica, perciò stesso acquisisse una propria validità, od un modo di essere.
Capisco, d’altra parte, che non è facile sottrarsi alla seduzione di trovare un facile approdo in generiche manifestazioni e pubblicazioni patinate, che possono dare l’illusoria sensazione di esistere ad un giovane artista che va alla ricerca di una propria identità.
E’ purtroppo, al contrario, motivo di dispersione, se non di anodizzazione coattiva delle attitudini che dovrebbero portare verso una libera ed originale creatività che, in ultima analisi, è ciò che conta perchè un pittore abbia una qualche ragione di esistere, diradando la pesante coltre di noia che appesantisce l’aria in questi recinti. Non è stando dentro le mode generiche delle odierne avanguardie che un artista possa trovare terreni e stimoli per il proprio lavoro. Non voglio permettermi di illustrare o tentare di decifrare le singolari ragioni dei miei amici, presenti in questa mostra; mi basta, e a me pare sufficiente, registrare la testarda speciosità che li accomuna nel rigettare, ognuno per proprio conto, le tentazioni della moda per un personalissimo tracciato individuale e fantasioso che li conduce ad approdi inusitati ed originali, e comunque non privi di appaganti risposte alle domande di libertà e volontà di cercare in modo autonomo le proprie ragioni dell’essere e del fare pittura.
Come una sigla che appare e che resta criptica, fino a quando non se ne rintracciano le fila, così mi piace che una mostra di pittura possa essere decifrata autonomamente da ogni visitatore in un percorso attraverso queste opere, così tanto diverse tra loro e pur così espressive nella loro singolare originalità.

Gino Marotta

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GIOCHI Mostra personale di Canzio Gentilucci

24 Marzo 1997

“giochi”

con
ANDREJ HANZELEWICZ, SIMONA CAVAGLIERI, LUCIANO DI GIANDOMENICO, BARTOLOMEO GIUSTI

Entrare in uno spazio da scoprire, da attraversare, pur attivando la curiosità, fa mantenere, inizialmente, un atteggiamento di velata difesa. Varcare la soglia significa già essere preda di un gioco di cui, però, non si conoscono le regole.
Le prime note, i movimenti seducenti, il canto modulato, invitano a seguire un sentiero invisibile che si snoda nella stanza.
Il percorso spaziale e quello temporale, sostenuti dai suoni, dalle immagini, dalle parole, catturano il fruitore e risvegliano in lui associazioni e fantasie.
I “GIOCHI” di Canzio Gentilucci hanno una forte impronta evocati va, partono da ricordi, da emozioni, che non hanno più una precisa collocazione nel vissuto, ma sono anche parte integrante della condizione presente e di proiezioni future. Il tempo è una successione di istanti, i quali possono accavallarsi, incontrarsi, distanziarsi, senza alcuna consequenzialità.
La logica, per l’autore, non è nella coerenza, perché la coerenza è abitudine, l’abitudine è abuso, l’abuso è abbrutimento dell’immaginazione; l’immaginazione è, invece, creatività, la creatività è poesia, la poesia è gioco.
Così come entrano in atto molteplici componenti emotive, allo stesso modo partecipano diversi mezzi dell’espressione artistica: il colore, la musica, la danza e, soprattutto, la poesia.
Ognuno recita un proprio ruolo, è personaggio di un evento e acquisisce consistenza nelle figure del musicista, della ballerina e dell’artista. Ma queste immagini appartengono ad una dimensione trascendente, sono trasfigurazioni pronte ad incessanti metamorfosi, richiamate anche dalle aspettative e dalle evocazioni di ogni fruitore.
Canzio Gentilucci istituisce con lo spettatore un rapporto dinamico, attuando itinerari diversificati e poliedrici, ma comunque in simbiosi fra loro.
Il processo finale conduce ad un’opera globale, che vuole andare oltre la semplice osservazione, per essere vissuta.

Sonia Barone

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