Nata a Roma nel 1932. Dopo una breve parentesi di vita parigina, durante la quale vive in uno studio affittatole da Tristan Tzara, ritorna a Roma, dove attualmente vive e lavora. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Roma, seguendo le lezioni di pittura tenute da Toti Scialoja. Il suo debutto in un’esposizione nazionale avviene in occasione della VI edizione della Quadriennale romana del 1955 dove espone una Natura morta. Nel 1957 alla Galleria Montenapoleone di Milano allestisce la sua prima personale e nell’anno seguente, che segna l’inizio del periodo parigino, espone ai vari Salons des Réalités Nouvelles e in Germania al Museo di Leverkusen. Elemento che caratterizza la sua pittura consiste nella grande attenzione in cui è tenuta la ricerca sull’immagine, la quale si serve di segni che la stessa Fioroni definisce stenogrammi: una stenografia allusiva, che a volte si è servita di segni molto riconoscibili, ma sempre simbolica e metaforica. Altro elemento è l’uso dell’argento che si può definire un colore-non colore ma che diviene una superficie, come quella dello specchio, intrigante perché assorbe e restituisce le immagini. Nel 1963 allestisce una personale alla Galerie Breteau di Parigi e, nel 1964, è invitata da Calvesi alla Biennale di Venezia. In questi anni insieme con Angeli, Festa e Schifano frequenta l’ambiente di rinnovamento artistico che si riunisce intorno alla Galleria La Tartaruga di Roma, entrando a far parte di quella che è stata definita “La Scuola di Piazza del Popolo”. In questo contesto si susseguono varie esposizioni collettive alle quali fa seguito un’intensa serie di mostre personali. In questi primi anni Sessanta cominciano a comparire nella sua pittura delle immagini figurative, a volte fotografie proiettate sulla tela, rielaborate attraverso la vernice d’argento: a questo proposito si è parlato di Pop Art romana ma Giosetta Fioroni non si è mai riconosciuta in questa definizione. La sua è una pittura legata comunque all’interiorità, a una manualità artigianale che l’uso del pennello comporta , molto lontana dalla completa spersonalizzazione delle immagini della Pop Art americana . Dal 1965 in poi si manifestano nella sua pittura delle immagini rivisitate, prelevate dal sedimentato patrimonio artistico del Rinascimento italiano, per cui si è adoperato il termine di “citazionismo”. Il 1969 segna l’inizio del ciclo legato all’interesse per la fiaba, nato da alcune letture critiche sull’argomento. Il lavoro è dedicato alle Leggende degli Spiriti Silvani (antiche leggende venete) ed alla Fiaba di Magia. Nascono una serie di opere di legno, scatole, teche nelle quali sono racchiusi fogli e oggetti legati al mondo delle fiabe. Nel 1990 viene allestita una grande antologica alla Calcografia Nazionale di Roma, in cui viene esposto il suo lavoro su carta. Nel 1993 è presente alla Biennale di Venezia con una sala personale. Nello stesso anno inizia a lavorare la ceramica presso la Bottega Gatti di Faenza.
Senza titolo
serigrafia
50 x 70 cm
Senza Titolo
litografia
tiratura 18/100
24 x 34 cm
Senza Titolo
serigrafia
tiratura 91/100
21 x 30 cm