Nato a Biella 1933, vive a San Sicario. Opera in termini concettuali sulla rappresentazione dinamica, la riflessività, l’energia, lo spazio e il tempo. Quando, 1961, Michelangelo Pistoletto iniziò ad usare superfici specchianti per i suoi quadri, nel percorso dell’arte contemporanea non sussisteva alcun spiraglio in cui affacciarsi per superare intensa passività dell’opera. La pittura era ancora una finestra cieca o, al massimo dopo Duchamp, un battente da stanza a stanza, in cui era impossibile entrare o si passava senza lasciare traccia. La sostanza delle superfici era pittorica e materica per imitare il mondo, ma negava l’influsso della presenza esterna. Con gli specchi di Pistoletto la reciprocità tra esistenza artistica e condizione di situazione viene invece affermata. Il rapporto non è più unidirezionale, ma dialettico. Riguarda la possibilità di interazione tra originale e copia, tra mimesi e realtà, tra istantanea ed istante, tra fissare e scorrere. Sulla superficie specchiante, occupate dalla figura riprodotta, possono infatti convivere tali polarità, che si ritrovano ora nella piacevole condizione di non stare più da sole. Istituendo una concreta relazione tra le due, Pistoletto ha rimosso l’indifferenza reciproca ed ha svegliato il piacere del dialogo. Caduta la neutralità che è assenza di desiderio, si è istituita tra il lavoro il suo partecipante la voluttà della vicinanza che spinge a vedere ed a vedersi, a godere dell’immagine altrui quanto della propria. Tutta via l’artista è conscio che l’ingordigia dello specchiarsi comporta la tentazione del narcisismo, per cui crea un ostacolo: la riproduzione fotografica di un momento reale già vissuto impedimento e taglio al piacere totale di sé. La sagoma ritagliata e sovrimposta sulla superficie specchiante è una ferita che interrompe la pelle speculare del corpo artistico, così da rimandare ad altro: a qualcosa di fissato e di scolpito nel tempo, distinguibile dal magma presente. Questa presenza serve a rivelare il divario tra percezioni, fa cogliere la differenza tra gli universi incommensurabili della visione fissata e scorsa, nell’oggi quanto nella storia. E se i due elementi, per un attimo, risultano omogenei, la parità vacilla quando il replicante – sia esso figura di schiena, una gazza e un’Annunciazione – nella sua immobilità e atemporalità taglia, fuori dello specchio o dentro di sé, l’immagine temporale e mobile di chi si riflette. Tuttavia anche se l’equivalenza pare costantemente minacciata, l’unità è affermata: empireo fantastico ed universo reale convivono. Quello che si vede mettere in discussione è allora lo scisma che li separa, come la supposta diversità tra immagine simulata ed immagine riflessa. Sono entrambe apparizioni che regnano nel e sul mondo dell’arte. A loro, dice Pistoletto, sia che vengono dalla finzione che dalla realtà, bisogna tributare apertamente il culto che esigono; e poiché la loro separazione è artificiale i loro incontri vanno sollecitati ed accentuati, per perpetuare la “religione dell’arte”. Ecco spiegate le ragioni del continuo e perseverante errare di Pistoletto dalle riflessioni sulle superficie specchianti agli idoli personali, “ oggetti in meno”, dai riti collettivi del teatro per strada agli inattesi innesti delle recenti sculture. La fonte della sua esistenza sta nella dialettica tra singolare e plurale, tra definito ed indefinito, tra pensiero e sogno, e in una condizione dell’agire artistico dove non si riconoscono le contrapposizioni, ma solo i tagli, le ferite e le interruzioni che tendono a creare. Fondamentalmente il suo lavora propone di prendere alle spalle le immagini, gli oggetti e gli esseri umani per convertirli ad una visione a trecentosessanta gradi, che accetta l’abisso della reciprocità, in cui l’alto è il basso, il sopra è il sotto, l’ordine è il disordine, l’ieri è oggi, il dietro è il davanti, il vero è il falso, la copia è l’originale. In questa prospettiva va assunta la presente pubblicazione, è in fatti una trappola che, scattando, trattiene ed imprigiona lo sguardo per convertirlo da spontaneo a riprodotto ed il corpo per trasformarlo in chimera e miraggio……
Tavole in fototipia
50 x 70 ogni foto
cartella di n. 4 foto specchianti
1981
I “GLI OCCHIALI E IL METRO”
particolare di un’opera realizzata nel 1964 in velina dipinta su acciaio inossidabile lucidato a specchio
50 x 70 cm
II “MANI DI BIMBO”
serigrafia su acciaio inossidabile lucidato a specchio, riproduzione di un’opera
50 x 70 cm
III “MANO CON SPECCHIO”
studio per un lavoro da realizzare in serigrafia su acciaio inossidabile lucidato a specchio
50 x 70 cm
IV “IL BRACCIO”
velina dipinta su acciaio inossidabile lucidato a specchio, particolare della “Annunciazione” realizzata nel 1968
50 x 70 cm