Nannicola in mosaico. Se ci si ricorda che la pittura di Sergio Nannicola, negli anni Ottanta, e’ nata immaginandone una consistenza muraria, da strappo d’affresco, da traccia quasi di sinopia, non ci si meraviglierà piu’ di tanto che sia arrivato a praticare il mosaico, la cui tecnica attualmente insegna nell’Accademia di Brera, e quanto ad evidenza pittorica in consistenza muraria manifestazione piu’ che mai essenzialmente materica. Come tale sopratutto Nannicola da qualche anno infatti lo pratica. E secondo una tradizione artigiana rispetto alla quale incalza oggi una lavorazione industriale pericolosamente omogeneizzante ma piu’ disponibile per imprese murali di riscontro architettonico. Quel che vi si perde e’ tuttavia proprio quello che Sergio invece cerca, cioe’ discorsività materica e disponibilità d’insinuarvi interpolazioni materiche altre. Fortunatamente il muro che Baj aveva progettato per Pontedera lo si realizzerà artigianalmente, come quelli progettati in dimensione -quadro- anni fa. La soluzione industriale fa prevalere l’illustratività, l’aspetto iconico o al contrario quello decorativo; non certo l’espressività del rapporto materico, del muro materia e colore. Una lunga tradizione riguarda il mosaico usato pittoricamente e plasticopittoricamente nell’arte italiana del secolo appena trascorso: da Wildt a Fontana, a Fillia, Prampolini, Depero, a Mirko, fra scultura e murali, mentre recentemente Marano lo ha, per esempio, introdotto fantasiosamente in un ambito di antidesign. Nannicola lo porta (e non certo quello -minuto-!) nel quadro, se ne fa anzi icona ovale d’una totalità materica traversata da qualche archetipo segno (frecce rette o serpentine, o altre evidenze simboliche, ricorrendo anche al colore). Il mosaico si e’ fatto oggetto, e con garbata ironia lo puo’ quindi anche imbustare in un sacchetto di plastica.
Enrico Crispolti
Senza titolo
Sogni bruciati
1989
Mosaica(mente) I mosaici che Sergio Nannicola ha realizzato negli ultimi anni, tutti esposti in questa personale romana, pongono non poche curiosità. Anzitutto il materiale, che e’ una novità nel suo lavoro, perlopiu’ coinvolto per un ventennio nello sviluppo di una sensibilissima pittura dapprima folta e intensamente evocativa poi sempre piu’ decantata e riflessiva. Novità si’ da non farlo subito -riconoscere-, credo, agli occhi dei piu’, ma nello stesso tempo profondamente ancorata al discorso sul muro affrontato dall’artista fin dagli esordi. Da tale -attento rinnovamento-, se a questo punto mi e’ lecito definirlo cosi’, traspare una felice tensione verso un’indagine piu’ concettuale degli eventi, Nannicola concretizza una spiccata intenzionalità contenutistica in passato mai cosi’ espressa con lucidità, sottolineata esemplarmente da -Sogno globale-, dai colori accesi ad arcobaleno, consistentemente provocatorio, contenuto nella busta di plastica. È come se quel particolare incontro/scontro che l’artista ha originato mediante gli -strappi murali-, nella prima metà degli anni Ottanta, tra la dimensione collettiva e quella soggettiva, fondato pero’ allora direi oniricamente sul senso memoriale antropologico, si fosse oggi consolidato a tal punto da potersi rivolgere a pieno titolo alle problematiche sociali attuali, a volte in modo esplicito, altre implicito. Ma egli non ne parla con le recenti tecnologie, bensi’ con un mezzo impregnato di storia quale il mosaico, costruendo in prevalenza forme ellittiche di piccole dimensioni, dalle superfici sia opache che lucide, quindi di pietra o di smalti, che assorbono appunto la luce o la riflettono, dove tra le tessere sovente si insinuano con naturalezza dei sottili elementi di ferro decisamente simbolici: ora flussi orientanti o disorientanti, ora crocevia tra Oriente e Occidente, sul crinale tra astrazione e concettualità.
Antonello Rubini
IDENTITA’ E MEMORIA
Mostra d’Arte Contemporanea di Sergio Nannicola e Alain Brayer
02 Aprile 2016