Immagine che documenta l’opera istallata al Courtesy Promenades, Parco Lullin, Genova Esposto e pubblicato nell’esposizione a Genova nel 1985 Quest’opera rappresenta forse l’idea più compiuta rispetto al ciclo dei tavoli dell’autore, in quanto si amalgamano due discorsi: i tavoli concepiti come la rappresentazione architettonica e oggettuale della serie fibonacci e, visivamente, la spirale. Rispetto al ciclo dei tavoli l’artista in un’intervista dell’ 81 (con Amman Pagé) afferma: “L’idea del tavolo mi è venuta la prima volta mentre stavamo seduti, tutti assieme, in un ristorante. C’era un fotografo che fotografò prima una persona, poi due, tre… fino a 55. Era una struttura corrispondente alla serie numerica Fibonacci… Ho fatto perciò un tavolo per una persona, per due persone, poi per tre e così via… La cosa che mi ha interessato è il lato fisico del tavolo, visto che il tavolo è legato all’uomo in modo molto organico. Il tavolo è un pezzo di terra rialzata, sopraelevata”. Uno dei primi lavori della serie dei tavoli sono nove fotografie realizzate in una fabbrica di Napoli nel 1972, dal titolo: 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55 uomini hanno mangiato. La proliferazione degli uomini è legata alla proliferazione degli esseri da mangiare e questi alla proliferazione degli oggetti prodotti poiché questi uomini sono operai di una fabbrica di Napoli, 1972. Le nove fotografie sono state esposte allo Stedelijk Museum nell’82. da Achille Bonito Oliva, NUTRIMENTI DELL’ARTE, pag 90. Edizioni Charta, Milano – luglio 1995
SITO WEB: www.fondazionemerz.org
Tavoli
quattro Serigrafie
Inchiostro serigrafico su carta
50 x 70 cm. N. 4 fogli 50 x 70 cm
1974/ 1985
(particolari)
Protagonista dell’arte povera e processuale, opera con riferimento costante alla progressiva crescita della forma e dell’energia fisica e mentale in base alla serie numerica di Fibonacci (opera del monaco matematico, a Pisa, nell’anno 1202). Merz la usa come simbolo di influsso vitale di proliferazione inseribile in un’architettura o in un assemblage di materiali poveri scritta col neon o col lapis, traducibile in disegno o rapportabile ad una crescita biologica. “…il pensiero si esprime in spirali, in restringimenti e in dilatazioni; il pensiero è certamente un nucleo sconosciuto e carico di polarità opposte che non possono essere prese per altra cosa se non per infinitesimi calcoli”. Esponente dell’Arte Povera italiana (teorizzata da Germano Celant), Mario Merz (Milano 1925 – Torino 2003) lavora su strutture archetipe: i suoi igloo, che realizza con i materiali più diversi (creta, tela, pietra, vetro, cemento), gli animali preistorici, i neon, i tavoli, le fascine sono presenti oggi nei musei d’arte contemporanea di tutto il mondo. Nella collezione permanente del Muspac troviamo un multiplo dei Tavoli Fibonacci, che l’artista espose a Ginevra nel 1985. Quest’opera rappresenta forse l’idea più compiuta rispetto al ciclo dei tavoli dell’autore, in quanto in essa si amalgamano due discorsi: i tavoli concepiti come la rappresentazione architettonica e oggettuale della serie numerica Fibonacci (individuata nel tredicesimo secolo dall’abate Leonardo da Pisa, soprannominato Fibonacci secondo la quale ogni numero è costituito dalla somma dei due che lo precedono) e, visivamente la spirale. Rispetto al ciclo dei tavoli l’artista in un’intervista dell’81 (con Amman Pagè) afferma:“L’idea del tavolo mi è venuta la prima volta mentre stavamo seduti, tutti assieme, in un ristorante. C’era un fotografo che fotografò prima una persona, poi due, tre… fino a 55. Era una struttura corrispondente alla serie numerica Fibonacci… Ho fatto perciò un tavolo per una persona, per due persone, poi per tre e così via… La cosa che mi ha interessato è il lato fisico del tavolo, visto che il tavolo è legato all’uomo in modo molto organico. Il tavolo è un pezzo di terra rialzata, sopraelevata”. Tutta l’opera di Mario Merz si incentra sulla predilezione assoluta per la forma a spirale, intesa come forma matematica e simbolica: la spirale che, allontanandosi per infinite ripetizioni da se stessa, si ribadisce. Così egli disegna ripetutamente il guscio della lumaca, la conchiglia, fino a ribadirle nell’architettura essenziale dell’igloo. La spirale è la forma per eccellenza del mutamento e del tempo ed egli vi individua il segno grafico della struttura del movimento originale di ogni gesto umano. Merz cerca con le sue sculture-installazioni, di “stabilire un calcolo organico e mentale applicabile ad ogni situazione ambientale, sia essa libera od occupata da oggetti. I numeri sono per l’artista l’esatto correlativo del mondo naturale ed artificiale” ( G. Celant). Tutti i Tavoli nascono dalla memoria infantile del tornio del padre, inventore e ingegnere. Sono immagini proliferanti ed il loro incontro con l’ambiente avviene secondo l’accordo naturale. Il Tavolo, è infatti per lui il luogo dello spazio sociale, dell’incontro tra persone e cose.
Martina Sconci