Le superfici di Franco Giuli si presentano come frammenti ricomponibili di successioni a innesto, di limiti spaziabili rinnovabili, di decostruzioni materiche progressive. Giuli ripartisce i suoi dipinti in aree compenetrabili, quasi spezzoni di zone a incastro per un inesauribile puzzle spaziale cui aspirano nel cadenzato proporsi di orchestrazioni polifoniche inedite. Sono settori di colore diverso, o consonanza tonale equivalente, che si propongono in aggressive aperture laterali irregolari di condizione espressionista ma non strutturalmente drammatica. Una pittura che aspira all’esplosione di forme elementari ravvicinate, al crollo di piani equidistanti che si sbrecciano, all’espansione del limite regolare della composizione strappata con violente separazioni dei lati. Già gli Itinerari prospettici del 1968 (cm. 140×120) ci suggerivano effetti scalari di singolare compenetrazione visiva e di estrema sintesi lineare. Da quegli anni Giuli andava confrontandosi con lo strappo, virtuale o reale, della superficie dipinta che all’inizio del 1980 si presentava con crude violenze di scheggiature laterali o di piani ravvicinati ad angolature irregolari e contundenti. Così assistiamo ad eventi sensibilistici di incastri e di disincastri su tavola e in rilievo che il pittore marchigiano situa con impeto espressionista di considerevole fluenza lirica. Anche se il proposito inoggettivista di Giuli si scontra con l’irruenza formaie di un decostruire pirotecnico, la sua posizione di ricerca si connette a quel neoelementarismo schematico e compresso di incidenza nordica. Tessere irregolari di un vasto mosaico decomponibile e trasognato in iconostasi permutabili che si offrono a Giuli in accorta complicità visiva per assumere il ruolo di spartiti cromo-sonori transpercettivi. Sono zone connettibili di possibilità ricomposte dell’azione espansiva del colore in continuo fremito dialettico. Ne risultano dipinti piuriespansivi a composizione frammentata che accertano il decostruirsi della superficie in zone mobili, ricomponibili e interspaziali. Una convergenza di strappi programmati a protensione di linee rette che denegano le curve e si risolvono in rigide traiettorie spazio-ambientali. Una pittura che non rinvia a modelli preesistenti o a pratiche desuete del tardo costruttivismo, ma inaugura un suprematismo selvaggio di alta sollecitazione percettiva. Franco Giuli promuove sonorità visive in graduale successione espansiva del raccordo lineare che si dispone in fughe triangolari di aggressiva incidenza ottica. Con questo procedere Giuli ottiene risultati di considerevole difesa contro il morire della luce che diventa irruzione e tumulto di articolazioni segnaletiche pluridirezionali. Così assistiamo a una prevalenza di arti I colazioni aggressive che evidenziano l’urto spigoloso di superfici in lotta continua disposte a confrontarsi | in tempi successivi di profondità relazionale. Un reticolato di fughe che non dovrà far intendere l’opera come cosa compiuta ma in quanto decostruzione intenzionale di, schianti lineari multitensivi. Si determinano lividi mitologemi che esplodono senza ferire per frammentarsi in mosaici a ventaglio suggerendo alternanze a I rimando percettivo simultaneo. Sono linee archetipe di una legge che compone e si ricompone in campi cromatici squillanti dove Giuli sposta da un punto focale all’altro la struttura basica ricorrente. Un dipingere che irrompe nello spazio ma sul quale non di” scende mai la sera. Nell’ambito di queste commistioni lineari a bivalenza di congiunzione si articola una scrittura apodittica e irriferente che Giuli propone come superamento del postcostruttivismo cromovisuale. La ricerca di Franco Giuli promuove pulsioni ottiche intermittenti per uno spettacolo spazio-ambientale multipercettivo. Dobbiamo riservare a questo appartato operatore della dislocazione formale inoggettiva l’attenzione che merita e il rispetto dovuto agli accertatori dell’inedito sistematico. Percorsi lineari che prorompono senza aggredire innestandosi in ritmi cromatici squillanti di inabituale incidenza segnica. Immagini in perfetto, pur inabituale, equilibrio spaziale riportate a un livello nettamente topologico. Qui la percezione delle forme, tali e quali, è fissata, normalizzata, istituzionalizzata obbedendo a delle leggi di invenzione e di trasmissione culturale, non a quelle della fisiopsicologia. Corridoi senza fine con zone pietrificate di colore emblematico catapultato dalla luce in false solitudini spaziali. Siamo ancora sufficientemente giovani per stupirci delle soluzioni integrali proposte dalla pittura di Franco Giuli. Le pulsazioni intermittenti sono orientate in una esasperazione dello spirito di rivolta in una dialettica della volontà di vivere come controffensiva alla monotonia e alla persistenza lineare. Una pittura poderosa e incisiva che costruisce lo spazio con richiami ottici multipercettivi lampeggianti. Con la presenza di Giuli i segni diventano segnali che si trasmettono in tempi direzionali molteplici ma pianificati. Un procedere nuovo, se pur realizzato con mezzi tradizionali, che ci permettono di considerarlo oltre la pittura, tra il rilievo virtuale o reale. Non aspirando alla solennità Giuli percorre cammini australi. Una semiologia permutabile per il nuovo secolo.
Senza titolo
tecnica serigrafica
50 x 70 cm