SEGNI E SOGNI. PERCORSI DIGITALI mostra di Pierpaolo Mancinelli

21 - 29 Agosto 2014

Labirinti della Mente

Andrea Domenico Taricco

 

 

Lo spirito fondante di quella scimmia evoluta che nel corso del tempo si è distinta dalle altre creature divenendo Uomo è caratterizzato dal desiderio e dalla volontà di dominare le cose mimandole sino a riprodurle e ricodificarle. Secondo queste premesse sono stati manipolati gli elementi sino a colonizzare le terre emerse, a vincere la forza degli oceani od a volare oltre le stelle. Intere città verticali decantano questa potenza sconfiggendo le barriere dello spazio e del tempo e le macchine così come le tecnologie più avanzate consentono questa dilatazione ideale che annienta lo stato reale delle cose virtualizzando il contingente in una nuova fede. Sono deceduti gli antichi valori e la solenne verità è stata proclamata in nome dell’individualismo egotista. L’uomo oltre l’uomo. Il nuovo millennio propone questo anelito privando l’uomo delle sue tradizionali abitudini o riconvertendole secondo le tendenze effimere del momento così come vengono offerte dai mass media. In un simile momento storico crollano gli stereotipi del passato e quella che definiamo crisi è solo la transizione tra un modo di pensare ed un nuovo modo di concepire sé stessi. L’arte, intesa come forma di poesia vivente, affronta direttamente questo cambiamento. Se il suo valore consisteva nel rappresentare oggettivamente la realtà, innalzandola persino alle sfere divine, da due secoli ha intrapreso le vorticose strade dell’interiorità volontaria od involontaria sino a smarrirsi in concettualismi nefandi, tramutati in prigioni dello spirito, in gabbie senza vie d’uscita. Labirinti della mente, appunto. È a questo punto che possiamo introdurre la figura di Pierpaolo Mancinelli. L’indagine che compie l’artista aquilano consiste essenzialmente nel percorrere in termini cerebrali il flusso quantistico delle emozioni, convertendo i surrogati della realtà remota in matrici direzionali atte a svelarne l’immanenza latente. Estrapola dal mondo ordinario i suoi codici archetipici e li converte in grammatiche programmate. Pensiamo al ciclo delle Città robotiche in cui improbabili forme geometriche, magniloquenti edifici futuribili o propulsori megatomici di civiltà avanzate, si intersecano in meccanismi sofisticati quasi come se geroglifici d’una lingua aliena fossero innescati nell’opera per riconfigurare codici millenari. Ma il culmine di questi labirinti sono le figure umane. Le sagome di un uomo e di una donna, di un Adamo e di un’Eva, di un Cristo e di una Sophia. Il grande padre e la grande madre dell’umanità intera vengono posti in un punto indefinito dello spazio, l’uno accanto all’altro, pronti per scattare e muoversi nel marasma delle forme e delle linee. Ogni volta che lo sguardo dello spettatore si ferma su queste opere, le sagome iniziano a muoversi e a disperdersi nell’apparente baratro della casualità. Apparente perché l’artista ne ha tessuto il destino e si ricongiungeranno per tornare eternamente a cercarsi. Crollano le distanze ed alla velocità della luce sembra che tutto sia immediatamente raggiungibile mentre ciò che è in prossimità sembra decadere nell’indifferenza. Esattamente come capita agli internauti della contemporaneità, pronti a perdersi nei social network ma a smarrire il contingente. Un salto ulteriore viene compiuto da Mancinelli nel ciclo intitolato Urban Map, in cui si libra nell’aere e scruta come un dio il mondo sottostante. Scorrono in sequenza le splendide visioni planimetriche delle architetture umane, dei ponti, dei corsi d’acqua, in cui pullula la vita microcosmica dei padroni del mondo ridotti ad insetti insignificanti. Anche in questo caso gli elementi del mondo ordinario vengono scardinati dalla loro diretta essenza acquisendo nuove significazioni.  In questa tipologia di indagine artistica nulla viene lasciato al caso ma viene preordinato mediante una logica attiva, brillante, efficace. Lo stravolgimento del punto di vista è la linea guida della sua ricerca formale. Mentre le Città Robotiche indagano interiormente le possibilità aggregative attraverso lo spazio ed il tempo, gli Urban Map lo compiono esteriormente, descrivendo il mondo dall’alto. Ma la sintesi espressiva giunge attraverso il ciclo degli Astratti, in cui Mancinelli destrutturalizza i preordini riconosciuti naufragando nel marasma cosmico sino ai caledoscopici frattali convertiti in simboli segnici ove si originano le emozioni. Il libero sfogo creativo genera così vorticosi rimpasti delle verità configurate precedentemente, con la stessa immediatezza dei sogni che frammentano particelle di realtà memorizzata scardinandosi in nuovi agglomerati dedotti logicamente. Siamo nella fase sperimentale. Big Bang dai quali germoglieranno nuovi orizzonti pittorici. L’universo artistico di Mancinelli è questo. Un serbatoio di idee che prendono progressivamente forma attraverso l’ausilio dell’arte digitale. Sappiamo di lui che ha sempre sperimentato tecniche diverse pensando all’olio, alle tecniche miste e serigrafie sino alla realizzazione di opere digitali stampate su tela. Indipendentemente da ciò che utilizza naviga attraverso la materia penetrando sé stesso sino alle zone più misteriose ove la logica soccombe. Discende in profondità e scopre mondi paralleli portandoli alla luce con quel sapiente distacco che induce l’osservatore a divenire protagonista assoluto. I suoi lavori rappresentano questo viaggio interiore in cui smarrisce il proprio ego e lo congiunge alle vastità arcane. Nei labirinti della mente ritrova il gusto per le cose, l’essenza, l’armonia. Un po’ come l’Ulisse omerico che navigando alla cieca per i mari posidonici smarrì sé stesso ed il suo equipaggio, scoprendo i segreti della bellezza, dei profumi e dell’avventura. Ma il valore supremo era l’amata Itaca, terra dei ricordi, della famiglia o della fedele Penelope. Per Mancinelli ogni opera costituisce un tornare a sé stessi, alla propria Itaca in cui denuncia i paradossi di una civiltà giunta al culmine della sua idealità e di cui i suoi figli ne sono il frutto acerbo. L’individuo è colto nella sua solitudine emotiva e per quanto lotti per uscire dalle insormontabili pareti neurali di questo labirinto psichico ne resta sempre più imbrigliato. Solo fermandosi un attimo troverà la via d’uscita.

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