18 Marzo 2012
Presso la sede del MU.SP.A.C. – Museo Sperimentale d’Arte Contemporanea – in piazza d’Arti-via Ficara a L’Aquila, sarà inaugurata la mostra personale dell’artista iracheno Alì Assaf (Bassora, 1950. Vive e lavora a Roma) dal titolo “Eh… se fosse con noi…”, a cura di Martina Sconci. È questo il primo evento d’arte contemporanea che si inserisce nella serie di iniziative del progetto “Percorsi Migranti”, promosso dal Coordinamento Ricostruire Insieme in collaborazione con il MU.SP.A.C., per favorire l’incontro interculturale nella città dell’Aquila, e non solo, all’interno di varie discipline. L’arte non è mai neutrale o autoreferenziale, ma aiuta a riflettere su ciò che accade nel mondo. Il ruolo che può assumere in questo contesto è proprio quello di far dialogare culture diverse su contenuti di pace, solidarietà e integrazione. Con i suoi valori di libertà può garantire il rispetto morale per la convivenza e per lo sviluppo di rapporti civili, sociali e culturali che riguardano l’intera umanità. E’ proprio per questo che si è deciso di iniziare il percorso con un artista di fama internazionale, che racconta il dramma dell’immigrazione. Alì Assaf utilizza diversi mezzi, spaziando dal video, alla fotografia e all’installazione. Commissario e artista del Padiglione Iraq – che dopo trentacinque anni ha riconfermato la sua presenza alla Biennale d’arte di Venezia del 2011 – presenta per l’occasione una selezione di cinque opere realizzate tra il 2002 e il 2010, frutto di una ricerca artistica sperimentale dovuta a un’esperienza maturata sia dentro che fuori del suo Paese. Pur vivendo in Italia da più di trentacinque anni, Assaf non dimentica le sue origini, raccogliendo riflessioni su quello che accade in Iraq, ma rivolgendosi anche e soprattutto al suo paese d’adozione, l’Italia. Il titolo “Eh… se fosse con noi…”, filo conduttore di tutta la mostra, si riferisce alla classica frase che si dice quando si è riuniti in famiglia e c’è qualche parente lontano di cui si sente la mancanza. Il video “Narciso”, presentato proprio alla Biennale del 2011, parla del ritorno a Bassora – sua città natale, chiamata la Venezia del Medio Oriente. Come il “Narciso” di Caravaggio, è proprio nell’acqua che si specchia Alì Assaf, l’acqua della sua terra, che trasporta, coprendo la sua immagine riflessa, ricordi della sua famiglia, che pian piano lasciano il posto ad una realtà contemporanea che riguarda anche altri paesi. Il video “Lampedusa Checkpoint” è invece una riflessione sulla condizione dell’immigrato e sulle difficoltà d’integrazione e insediamento che si trova ad affrontare nel suo paese d’adozione. Ironia e drammaticità sono al centro del lavoro “Greetings from Baghdad”, che affronta il tema dell’emigrazione e della guerra in Iraq. Di fronte a un terribile scenario di bombardamenti e a campi petroliferi in fiamme, tre persone, indifferenti a tutto ciò che accade alle loro spalle, sorridono all’obiettivo. Il loro sorriso è in evidente contrasto con i messaggi e saluti inviati ai loro parenti lontani emigrati in varie parti del mondo. Simile scenario nel video “I am Her. I am Him” che, dopo un tragico esordio caratterizzato da bombardamenti, sirene ed esplosioni, solo alla fine lascia spazio a un velo di speranza. Infine in “Quell’oscuro oggetto del desiderio” Alì Assaf, richiamando alla mente il famoso film di Luis Buñuel, ha chiesto a un gruppo di donne e di uomini emigrati a Roma di spiegare il perché del loro essere in Italia. Raccolte le risposte più varie e disparate, le ha montate, insieme alle loro foto, su strati di cartone, materiale povero come povero e abbandonato al suo destino è chi decide di lasciare il suo paese per trovare altri approdi.