15 Gennaio 2012
Le visioni di Maria Semmer
La melancolia tradisce il mondo per amore di sapere.
Ma la sua permanente meditazione abbraccia le cose morte nella propria contemplazione, per salvarle.
W.Benjamin
In questa mostra dal titolo “Crepuscular”, come in una sorta di tableau vivant, Maria Semmer allestisce sogni e visioni che provengono dal suo subconscio.
Protagonista è la donna, figura angelica, verginale, esile e dolce, creatura feconda e dunque “creatrice”, che interpreta il suo rapporto con il mondo. Figure femminili emergono dall’acqua, simbolo organico del liquido amniotico. Sono imprigionate in ambientazioni naturali e atmosfere suggestive che infondono una certa inquietudine.
Aleggia un delicato senso di morte, un aspetto macabro e alchemico che rimanda ad alcuni quadri dei preraffaeliti e in particolare all’Ofelia di J. E. Millais, annegata nel fiume e coperta da piante e fiori come il salice, l’ortica e le margherite, simboli dell’amore abbandonato.
Interessata a una profonda ricerca introspettiva sulle sensazioni, le emozioni e le sospensioni dell’essere, in altre immagini la Semmer – spesso oggetto e soggetto dei suoi scatti – si abbandona senza riserve al medium fotografico, si rappresenta in contesti domestici con ambientazioni decadenti, da sola o talvolta con amiche, esprimendosi in performance appositamente progettate. Si studia, si indaga, si scruta senza sosta fino a scoprire una bellezza enigmatica tanto delicata e impalpabile da sembrare fragile.
Il suo corpo nudo si nasconde tra le architetture, tra gli elementi naturali, gioca con la propria ombra, inserendosi nell’universo delle cose, come fosse parte di esse. Le sue foto ricordano i primi scatti della grande fotografa americana Francesca Woodman, la cui nudità (come la Nuda Veritas di G. Klimt) esibita davanti all’obiettivo era un mezzo per segnalare quella sua impotenza davanti al mondo, davanti a una società che macina ogni cosa velocemente.
Al crepuscolo, quando tutto finisce e arriva la buia e tetra notte, Maria Semmer libera i fantasmi della sua mente e li distende intorno a sé, li lascia vivere, li ascolta, ne è sedotta e allo stesso tempo ne ha timore perché possano sopraffarla.
Una fragile malinconia aleggia in ogni immagine. Dal buio l’artista alchimista riemerge per compiere il primo passo verso l’esito di luce che invade il mondo. Ricorda quell’animo saturnino che la tradizione considera temperamento proprio dell’artista.
Martina Sconci