27 Marzo - 15 Aprile 1997
C.D.O.S. è una sigla con un elemento di mistero, come tutte le sigle che vanno disvelate. In questo caso si tratta, solamente, delle iniziali dei cignomi dei quattro artisti che, su mio invito, hanno raccolto le loro opere per un tentativo di vedere insieme quattro frammenti di altrettante diverse storie per un imprevedibile mosaico che, comunque, attesta motivazioni ed esiti non omologhi fra loro.
Ciò non per puro capriccio ozioso, ma per sottolineare, in controtendenza, le ragioni di diverse modalità di ricerca individuale che, a mio parere, vanno rintracciate nella qualità del singolo autore, e della singola opera, nel senso del “come” e non del “cosa”. Sandra Clerico, Salvatore Dominelli, Andrea Orsini e Nicola Spezzano sono quattro artisti con storie, percorsi e obiettivi diversi, che, mi pare, attestino le proprie motivazioni in piena autonomia e con assoluta libertà di modi e di indirizzo.
A me sembrano delle realtà degne di attenzione e di rispetto, in un’epoca di appiattimenti e di conformismo che tutto has omologato e sterilizzato per una forma di squadrismo estetico che non porta da nessuna parte e impoverisce non solo la fantasia, ma le ragioni stesse di questa pratica di fare immagini.
Ho sempre creduto che contasse poco il gioco secondo il quale un artista, attestandosi a ridosso di una qualsivoglia frontiera estetica, perciò stesso acquisisse una propria validità, od un modo di essere.
Capisco, d’altra parte, che non è facile sottrarsi alla seduzione di trovare un facile approdo in generiche manifestazioni e pubblicazioni patinate, che possono dare l’illusoria sensazione di esistere ad un giovane artista che va alla ricerca di una propria identità.
E’ purtroppo, al contrario, motivo di dispersione, se non di anodizzazione coattiva delle attitudini che dovrebbero portare verso una libera ed originale creatività che, in ultima analisi, è ciò che conta perchè un pittore abbia una qualche ragione di esistere, diradando la pesante coltre di noia che appesantisce l’aria in questi recinti. Non è stando dentro le mode generiche delle odierne avanguardie che un artista possa trovare terreni e stimoli per il proprio lavoro. Non voglio permettermi di illustrare o tentare di decifrare le singolari ragioni dei miei amici, presenti in questa mostra; mi basta, e a me pare sufficiente, registrare la testarda speciosità che li accomuna nel rigettare, ognuno per proprio conto, le tentazioni della moda per un personalissimo tracciato individuale e fantasioso che li conduce ad approdi inusitati ed originali, e comunque non privi di appaganti risposte alle domande di libertà e volontà di cercare in modo autonomo le proprie ragioni dell’essere e del fare pittura.
Come una sigla che appare e che resta criptica, fino a quando non se ne rintracciano le fila, così mi piace che una mostra di pittura possa essere decifrata autonomamente da ogni visitatore in un percorso attraverso queste opere, così tanto diverse tra loro e pur così espressive nella loro singolare originalità.
Gino Marotta