25 Maggio – 9 Giugno 1985
Lo studio della pittura è un percorso lungo e aspro, difficile dire quando ad esso subentra la fase dell’autonomia della ricerca; ovvero quando un artista ha raggiunto quella dimestichezza con la tela, che gli permette, quindi, sperimentazione e ricerca, sia del suo stile sia di una nuova immagine. E a questo punto delicato, da una parte arrivo e dall’altra partenza, che si colloca il lavoro di Oliviero Rainaldi. Attento a ciò che lo circonda, personale nell’immagine, Oliviero ha uno stile già individuale che lo fa riconoscere e che, al tempo stesso, rivela da dove parte la sua storia di pittore. L’immagine che Oliviero produce è astratta con dei richiami alle forme plastiche dei simboli numerici, ricorda in questo l’atmosfera, il clima fervido è gia in parte scoria della Roma degli anni sessanta, quando la forma sulla tela si andava essenzializzando sino a ridurre la parte pittorica al minimo a favore della stessa forma.
Ebbene se da essa trae ispirazione, come per esempio i numeri di Jannis Kounellis, in questi lavori degli anni ottanta del giovane Rainaldi, proprio in sintonia con i tempi, si vede il ripristino della superficie pittorica, si assiste all’espandersi liquido e plastico di questa materia colore: è il ritorno della pittura. Proprio su questa superficie hanno cominciato ad appoggiarsi forme lineari e geometriche, macroscopiche e materiche come del le gigantesche clessidre tutte abitate di concrezioni pittoriche di materie plastiche e cromatiche suggestive e misteriose. Siamo all’inizio di una storia di tele, di pitture, ovvero quella di Oliviero, e sempre per un critico è emozionante e proficuo assistere all’esordio, che già ha in sè i caratteri della professionalità, del mestiere arduo e difficile di pittore, ma che porta i segni e i caratteri di uno con le carte in regola, con la stoffa… etc… Ciò che è proficuo per il critico è la lettura accurata dell’immagine e la sua registrazione all’interno di un discorso globale, di una fitta rete di indagini iconologiche ed iconografiche, che lo portano ad essere compagno di strada e osservatore in primo piano di ciò che sta avvenendo nell’arte.
Barbara Tosi