22 Dicembre 1984 - 15 Gennaio 1985
E ‘come usare il vocabolario d’una scienza trasponendo la parola e il suo significato in un altro mondo: o muore o si riproduce. Le pietre sparse o sovrapposte come i segnali apotropaici dei pastori nelle sassaie stabiliscono la differenza nell’uguale, come per una prova iniziatica. Non sono queste le scaglie d’una pelle di intellettuale, ma diari fitti del vissuto, lo so come Pasquale guarda al mondo della natura e al mondo del costruito, il suo rispetto per l’uomo sapiente delle proprie radici e della propria creativa manualità.Sandro Visca ripercorre le strade delle feste popolari, delle processioni; ripropone la gestualità non effimera con cui si trasportano nel fuoco le farchie e nelle contrade i santi, che accompagna il farsi degli ex voto e le formule dell’esorcismo. Il tessuto ha in sé implicito il mondo della parola, del comunicare; cucire è stare insieme e mettere insieme. Le donne nelle grotte con i telai, nelle strade con stendardi e coperte da esporre alle finestre. Visca mette negli arazzi, le parole che penetrano l’aria delle feste, dei preparativi nuziali e delle sedute di divinazione.
Parole che passano tra i denti, come tra i pettini d’un telaio, e diventano discorso formato: il tessuto.Sandro visca sta sul territorio della cultura popolare come uno sciamano, cuce parole e stoffe, costruisce oggetti rituali per il “volo” e, dall’alto spazio raggiunto, scruta tra le pieghe della storia il futuro. Pasquale liberatore e Sandro Visca, qui, al “Quarto di Santa Giusta”, con una lezione di antropologia visuale ci indicano la strada per la ricerca dell’identità perduta: essere nel nostro tempo ricchi del nostro passato.
L’Aquila, dicembre 1984